In un documento Palazzo Chigi ammette che le previsioni di traffico lungo la linea Torino-Lione erano sbagliate, riconosce che i costi sono esosi, ma non abbandona l’opera. Intanto la Val di Susa ha pagato un prezzo altissimo in repressione. L’intervista a Nicoletta Dosio. Giovedì 22 febbraio a San Giorgio di Piano Wu Ming 1 presenta il suo libro sulla lotta No Tav.
“Non c’è dubbio che molte previsioni fatte quasi 10 anni fa, in assoluta buona fede, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione Europea, siano state smentite dai fatti, soprattutto per effetto della grave crisi economica di questi anni, che ha portato anche a nuovi obiettivi per la società, nei trasporti declinabili nel perseguimento di sicurezza, qualità, efficienza. Lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni e nessuna persona di buon senso
ed in buona fede può stupirsi di ciò“. Firmato: il governo.
È un’ammissione di errore e un implicito riconoscimento alle tesi No Tav quanto l’esecutivo ha messo nero su bianco nel documento intitolato “Adeguamento dell’asse ferroviario Torino – Lione. Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia fase 1 – 2030“.
Una notizia che non trovato molto spazio sui media mainstream, forse anche e soprattutto perché diverge dalla narrazione che ha sempre offerto dei No Tav. Il movimento, invece, ha sempre fatto dello studio concreto del tema una delle modalità di lotta, arrivando a dimostrare quanto afferma oggi, 25 anni dopo, il governo.
“Che quelle previsioni fossero sbagliate lo sapevano da tempo – commenta ai nostri microfoni Nicoletta Dosio, esponente No Tav – Del resto non erano previsioni fatte in buona fede, perché la finalità era di costruire l’opera, pur sapendo che una ferrovia internazionale, assolutamente sottoutililizzata, già c’era”.
Dosio, però, sottolinea che, nonostante le evidenze e le ammissioni, il governo italiano non ha comunque intenzione di abbandonare l’opera.
Nel documento, infatti, si legge che occorre “valutare se il contesto attuale, del quale fa parte la costruzione del nuovo tunnel di base, ma anche le profonde trasformazioni attivate dal programma TEN-T e dal IV pacchetto ferroviario, richiede e giustifica la costruzione delle opere complementari: queste infatti sono le scelte che saremo chiamati a prendere a breve. Proprio per la necessità di assumere queste decisioni in modo consapevole, dobbiamo liberarci dall’obbligo di difendere i contenuti analitici delle valutazioni fatte anni fa“.
Parole che ai No Tav suonano come “non serve a niente, ma già che abbiamo cominciato portiamo a termine il tutto”. Anche perché gli interessi economici in ballo sono molto alti e sono quelli che, in questi anni, hanno giustificato il voler procedere contro ogni evidenza.
“In realtà la Francia ha già messo in mora l’opera e per il momento non la finanzierà – osserva Dosio – E non è detto che si troveranno i 9 miliardi di euro necessari alla costruzione del tunnel. Anche l’Europa potrebbe non dare le risorse che aveva promesso”.
In ogni caso, la Val di Susa ha pagato un prezzo altissimo a causa del Tav. La repressione dello Stato, sia delle forze dell’ordine che della magistratura, è stata fortissima e ha portato a centinaia di processi contro gli attivisti. I quotidiani nelle mani dei principali gruppi industriali hanno tentato di diffamare il movimento No Tav, anche diffondendo notizie false.
“Ricordo che all’inizio della lotta c’era un po’ di scoraggiamento, perché le forze che dovevamo affrontare erano enormi”, racconta Dosio.
Una lotta che è durata più di 25 anni e che ancora non è conclusa. Una storia che è stata raccolta e scrupolosamente raccontata da Wu Ming 1 nel libro “Un viaggio che non promettiamo breve. Venticinque anni di lotte No Tav“, che verrà presentato a San Giorgio di Piano giovedì prossimo, 22 febbraio.
ASCOLTA L’INTERVISTA A NICOLETTA DOSIO: