Oggi si vota in Gran Bretagna per eleggere il Parlamento. La consultazione è stata anticipata dal premier uscente Rishi Sunak, in crisi di consenso, nella speranza di attenuare la sconfitta dei Tories, ma tutti i sondaggi danno in vantaggio il Labour Party, guidato da Keir Starmer.
La sinistra britannica potrebbe quindi tornare al potere dopo 14 anni e dopo una crisi interna molto lunga, articolatasi anche sulla linea politica da seguire. In particolare, Starmer sembra essere un candidato molto più digeribile dall’establishment finanziario rispetto a Jeremy Corbyn, con il quale, dopo una prima luna di miele, è entrato in un conflitto aperto.

La restaurazione neolib nel Labour Party: chi è Keir Starmer che può vincere le elezioni in Gran Bretagnia

Non è un caso che lo stesso Starmer venga definito da alcuni quotidiani come “l’anti-Corbyn”. E non è un caso che gli osservatori neoliberali lo digeriscano molto di più rispetto al predecessore alla guida del Labour Party.
Nel suo curriculum, Starmer annovera la cacciata del regista Ken Loach dal partito, così come il veto alla ricandidatura dello stesso Corbyn.
Restando al presente, il programma con cui si è presentato alle elezioni appare molto moderato rispetto agli accenni socialisti che la precedente gestione avrebbe voluto dare.

Su Jacobin Italia, Nicola Melloni firma un’analisi intitolata “La Terza via fuori tempo massimo” proprio per descrivere la linea politica di Starmer e ripercorre la parabola del Labour Party partendo dalla sconfitta della “Terza Via” di Tony Blair, passando per una svolta a sinistra, prima parziale e poi radicale, fino a un ritorno al centro con l’attuale leader.
«Eletto con un programma fortemente progressista, un corbynismo senza Corbyn – scrive Melloni nel descrivere Starmer – si è poi progressivamente rimangiato tutte le promesse fatte in campagna elettorale, fatto purghe a tutti i livelli del partito, incluso la rimozione dal gruppo parlamentare prima, e l’espulsione dal partito poi, dello stesso Corbyn. Il processo di selezione dei candidati per le elezioni è stato opaco e con tratti apertamente razzisti».

Nello specifico, il programma di Starmer mescola diversi ingredienti neoliberali: «promette una gestione oculata dei conti pubblici, un po’ di tecnocrazia che rischia di trasformarsi in un altro round di austerity; si richiama agli anni d’oro del New Labour promettendo crescita economica che, ipso facto, garantirà condizioni di vita migliori anche per i meno abbienti: il trickle down di neoliberista memoria. Per quel che riguarda il welfare, c’è poco o nulla, la promessa di mantenere in mani solamente pubbliche il Sistema Sanitario Nazionale è stata tolta dal Manifesto del partito, né si ha intenzione di riformare la controversa two-child cap policy, che nega aiuti pubblici alle famiglie povere dal terzo figlio in avanti», scrive ancora Melloni.

«Keir Starmer è una persona che è passata da sinistra a destra nel giro di cinque anni in maniera molto radicale – osserva Melloni ai nostri microfoni – Nel suo programma non c’è alcuno spunto di interesse per il futuro, nonostante la grave situazione sociale in Gran Bretagna. Questo moderatismo vuole vincere al centro invece che ai lati, cercando di recuperare i voti dei conservatori».
La strategia di Starmer ha riscontrato il favore della business class, al punto che il “Sun”, il giornale britannico più a destra, gli ha fatto un endorsement.

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