C’è il caso di una casa di riposo a Porretta finita nelle mani di persone vicine alla ‘ndrangheta, ma ancora più sconvolgente è la truffa mafiosa in un luogo simbolo della memoria, come il Parco Storico di Monte Sole.
La mafia fa affari anche nell’Appennino bolognese, favorita da spopolamento e delocalizzazioni. Per questo vanno accesi i riflettori, anche in vista dell’arrivo dei 90 milioni di euro del Pnrr dedicati alle aree interne.
Sono la fotografia e l’allarme lanciati dall’inchiesta “Ipossia montana” di Sofia Nardacchione, Andrea Giagnorio e Cecilia Fasciani, che ha partecipato al Premio Roberto Morrione.
Monte Sole e gli affari della mafia dei pascoli
A fine ottobre scorso è giunto a sentenza il processo “Nebrodi” alla cosiddetta “mafia dei pascoli”, che complessivamente ha inflitto 640 anni di carcere a 90 persone. A dispetto del nome del procedimento giudiziario, però, la rete di affari mafiosi ha riguardato anche territori sparsi per l’Italia.
È tra le carte del processo che gli autori dell’inchiesta hanno trovato il coinvolgimento di alcuni terreni nel Parco Storico di Monte Sole, oggetto di una truffa per ottenere fondi europei destinati al sostegno dell’agricoltura.
Sono 200mila euro i soldi che la mafia dei pascoli è riuscita a ottenere dai terreni di Monte Sole che collegano la Scuola di Pace con il cimitero di Casaglia, due luoghi simbolici dell’eccidio avvenuto nell’autunno del 1944 per mano nazifascista.
«Le truffe si basano sulla falsificazione di carte per dimostrare di lavorare su particelle di terreno che sono state prese in affitto – spiega ai nostri microfoni Nardacchione – per fare arrivare i fondi europei nelle mani dei clan e spesso i proprietari dei terreni potrebbero essere all’oscuro».
Nel caso specifico della truffa mafiosa di Monte Sole è stato fondamentale l’aiuto ai clan arrivato da professionisti, come Giuseppe Scinardo Tenghi che nel processo “Nebrodi” è stato condannato a 4 anni. In particolare, grazie alla conoscenza acquisita sui sistemi di controllo dei fascicoli aziendali e sulle vulnerabilità gestionali dei contributi comunitari, è stato trovato un modo per fare impostare la truffa e fare arrivare i fondi.
«Se si tratta di vulnerabilità dei sistemi – evidenzia la giornalista – cosa succederà con l’arrivo di fondi ancora più alti che arriveranno con il Pnrr?».
L’inchiesta “Ipossia montana” ha individuato tre casi di infiltrazione mafiosa nel solo Appennino bolognese. «Abbiamo indagato il legame tra spopolamento e delocalizzazioni, come quella della Saga Coffee o della Saeco e le infiltrazioni mafiose – spiega Nardacchione – Se le reti sociali si sciolgono e c’è meno controllo, meno attenzione, aumenta il rischio che le mafie arrivino e lo facciano in territorio nascosto e su un terreno favorevole».
ASCOLTA L’INTERVISTA A SOFIA NARDACCHIONE: