Dal 2001 al 2021, nei vent’anni che seguono il G8, i morti per mano della polizia sono aumentati. Lo afferma il sociologo Salvatore Palidda, intervenuto in occasione del ventennale di Genova 2001 in un incontro incentrato sulla violenza della polizia e le mancate riforme, che al contrario ci si sarebbe aspettati dopo quanto accaduto nelle strade del capoluogo ligure.
È per questo che Lorenzo Guadagnucci, giornalista che fu tra le vittime dei pestaggi all’interno delle scuole Diaz, parla di una «malattia non curata», come dimostra anche quanto accaduto l’anno scorso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e balzato agli onori delle cronache nelle settimane scorse.

Violenza della polizia, vent’anni dopo Genova 2001 il problema c’è ancora

Sebbene il capo della polizia, con moltissimo ritardo, abbia chiesto scusa per la “macelleria messicana” che si è registrata a Genova, tanto alla Diaz quanto a Bolzaneto, tanto in piazza Alimonda quanto nelle altre strade, dove gli agenti di polizia o i carabinieri hanno caricato in modo illegittimo le persone che manifestavano pacificamente, all’interno delle forze dell’ordine non vi è stata un’abiura di quegli abusi. Per Guadagnucci questo costituisce un precedente per il quale le violenze e le torture possono ripetersi. Ed è proprio ciò che rende la nostra democrazia cagionevole.

In vent’anni da Genova 2001, ad esempio, non è stato possibile nemmeno raggiungere l’obiettivo minimo, quello di introdurre un codice identificativo per le forze dell’ordine, che oggi, anche in seguito a quanto accaduto a Santa Maria Capua Vetere, Amnesty International torna a chiedere con una campagna.
«Io però credo che la malattia delle nostre polizie sia più grave ed abbia bisogno di altro – osserva però il giornalista – Quest’anno cadono i quarant’anni dalla riforma democratica della polizia di Stato, dalla smilitarizzazione. Quarant’anni dopo sappiamo che quella riforma non vive più, è stata pian piano erosa. Noi oggi avremmo bisogno di una nuova riforma democratica delle forze di polizia, che dovrebbe avere come premessa una campagna di apertura di queste forze col resto della società».

La violenza al servizio del neoliberismo

Eppure, dopo quanto accaduto a Genova 2001 ci si sarebbe aspettati che qualcosa cambiasse. Le immagini della violenza della polizia italiana durante il controvertice del G8 hanno fatto il giro del mondo, sollevando indignazione un po’ ovunque.
Perché non è successo niente? Per Salvatore Palidda bisogna cercare le cause nella funzione che la polizia sembra avere assunto oggi, quella di garante del neoliberismo e della schiavitù che esso impone. «Per imporre a delle persone di lavorare a tre euro l’ora serve la violenza», sottolinea il sociologo.

Palidda evoca il movimento afrodiscendente Black Lives Matter che, dopo l’uccisione di George Floyd, ha iniziato a gridare “abolish police” o “defund police”. Il definanziamento della polizia è un tema che dovrebbe essere portato anche in Italia, sostiene il sociologo, e quelle risorse dovrebbero essere spese nei servizi sociali, ma anche nei controlli della sicurezza nei luoghi di lavoro o nelle scuole: un’idea completamente diversa di sicurezza.
Del resto in Italia viviamo il paradosso di reati che calano costantemente da oltre dieci anni e di una politica che, al contrario, fa leva sulla “percezione di insicurezza”. «Quella è un’impostura usata in modo strumentale – osserva Palidda – Oggi nelle carceri ci sono tantissime persone che non dovrebbero essere lì, ma affidate ai servizi sociali. Il 33% della popolazione carceraria è composto da tossicodipendenti». Insomma, anche per Palidda è necessaria una radicale riforma della giustizia italiana.

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