Nella notte di ieri l’Europa ha trovato un accordo sul tema del gas che appare annacquato e poco incisivo. A prevalere, ancora una volta, sembrano essere gli interessi nazionali, in particolare quelli di Germania e Olanda, che hanno svuotato di significato il tetto al prezzo del gas.
Ben più seri, invece, sembrano i progetti guidati dalle compagnie energetiche europee che insistono nell’Europa del sud, in particolare tra Spagna e Italia. Si parla di cinque gasdotti e cinque rigassificatori che rappresenterebbero lo scenario europeo per mettere al sicuro l’approvvigionamento, viste le tensioni con la Russia. Per farlo, però, l’Europa sembra accantonare gli obiettivi climatici.

L’Europa del sud come porta del gas, il piano a suon di gasdotti e rigassificatori

A fare una fotografia di quello che appare, non dichiaratamente, come un piano per rendere l’Europa del sud la nuova porta del gas sono ReCommon e i catalani di Odg (Observatori del Deute en la Globalitzaciò), che hanno analizzato come Snam e Enagas abbiano resuscitato vecchi progetti per nuove infrastrutture a gas, promossi dai governi italiano e spagnolo e che potrebbero essere finanziati coi fondi europei del Repower Eu. Si parla di 5 rigassificatori, tra cui quello di Ravenna che ha appena ottenuto il via libera definitivo, e 5 gasdotti tra l’Italia e la Spagna. Oltre allo Stivale e alla penisola iberica, incluso il Portogallo, le infrastrutture toccherebbero anche la Grecia e la Francia. I punti di partenza, invece, sono quelli del Maghreb, Algeria, Tunisia ed Egitto in particolare. Ma ce n’è un altro che arriverebbe da Israele.

Il gasdotto principale, stando ai progetti, sembra essere quello che collega Barcellona a Livorno. Si tratterebbe del gasdotto con la più alta capacità in Europa, in grado di trasportare 17 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto.
«Alcuni sono progetti riesumati dai cassetti delle scrivanie – spiega ai nostri microfoni Elena Gerebizza di ReCommon – altri sono progetti completamente nuovi oppure, come nel caso dei due rigassificatori che Snam sta pianificando per la Sardegna, erano progetti che erano stati bocciati da una valutazione costi-benefici fatta nel 2020».

L’obiettivo di ReCommon, che ha anche pubblicato una mappa dei progetti in ballo, «è quello di lanciare una sorta di alert – sottolinea Gerebizza – perché, almeno per quanto riguarda l’Italia, sono progetti che hanno l’ok del governo e che adesso potrebbero candidarsi a ricevere finanziamenti anche attraverso lo stesso Pnrr, che entro il mese di dicembre verrà rivisto in chiave Repower Eu».
In altre parole, i fondi che nel Next Generation Eu, il Pnrr in Italia, erano vincolati alla transizione ecologica, potrebbero venire usati per affrontare l’emergenza energetica, ma con progetti che vincolerebbero l’Italia fino al 2050 al gas, una fonte fossile coresponsabile dei cambiamenti climatici.

Non solo. «L’Europa ora sembra ammiccare alla produzione di idrogeno blu, cioè ottenuto con fonti fossili – rimarca Gerebizza – La cosa più drammatica è che sono tutte misure, in questo caso infrastrutture vere e proprie, che vengono proposte come temporanee e necessarie ad affrontare l’emergenza, che in realtà avranno un impatto di lungo termine, di almeno 15 o 20 anni».
Oltre a posticipare il raggiungimento degli obiettivi climatici, inoltre, gasdotti e rigassificatori continueranno ad esporci alla dipendenza energetica e alle speculazioni, con l’effetto sui prezzi che abbiamo già visto, semplicemente con altri fornitori rispetto alla Russia.

ASCOLTA L’INTERVISTA A ELENA GEREBIZZA: