Il comico Dieudonné, che infarcisce i suoi spettacoli di messaggi antisemiti, non ha potuto, a Nantes come in altre città della Francia, esibirsi, a causa della decisione del Consiglio di Stato. Scoppia la polemica sulla libertà d’espressione.

Non ha avuto troppe remore Dieudonné, il comico francese d’origine africane, a fare premiare un noto negazionista da un figurante con la divisa del campo di concentramento nazista di Mathausen. Alla stessa maniera non si è fatto troppi problemi a connotarsi per le dichiarazioni antisemite, o a inventare un gesto, la “Quenelle“, che è un saluto nazista al contrario (ripreso, tra gli altri, dal calciatore Anelka).

Per evitare dubbi di sorta, Dieudonné, a breve indagato per aver portato all’estero 400.000 euro illegalmente, ha scelto come padrino di battesimo, per la sua terzogenita Jean Marie Le Pen, storico leader dell’estrema destra francese, e non esita a farsi ritrarre con militanti negazionisti.

Il Consiglio di Stato, la Corte Costituzionale francese, ha così deciso ieri, che il suo spettacolo fosse vietato, dando ragione a quei prefetti che già nei giorni scorsi, su indicazione del Ministero degli Interni, ne aveva vietato la messa in scena.

“Tutti questi atteggiamenti hanno fatto capire che Dieudonnè non è più soltanto un comico, ma anche un uomo politico” dice Lucie Geffroy, giornalista del Courrier International.

Intanto in Francia, ci si interroga sull’opportunità di utilizzare una forma di censura, come vietare uno spettacolo, per combattere l’antisemitismo del comico.

“Il problema -fa notare la giornalista- è che Dieudonné sta diventando una vittima, un martire.”

Quanto, insomma, ci si chiede oltralpe questa particolare forma di limitazione della libertà d’espressione, può diventare controproducente?