La Banca d’Italia di Bologna, presenta il Rapporto “L’economia dell’Emilia Romagna”. Nel 2012 la fase recessiva si è acuita. Contrazione dell’attività industriale, disoccupazione al massimo storico, quella giovanile al 17,4%. Le imprese investono sempre di meno e la domanda di prestiti scende. Aumenta il rischio dell’offerta di credito per le banche, che limitano drasticamente l’erogazione. Soffrono le piccole-medie imprese e le famiglie già in difficoltà.
La fine di questa lunga recessione non si riesce a vedere, almeno da qui. Alla presentazione del Rapporto “L’economia dell’Emilia Romagna” sono presenti il Direttore della Sede di Bologna Francesco Trimarchi e la Responsabile della Divisione Analisi e Ricerca Economica e Territoriale Chiara Bentivogli. Le parole chiave del rapporto evidenziano la situazione di crisi: contrazione, flessione, decelerazione, calo, diminuzione, crollo. Le prime righe di riassunto del rapporto recitano: “Dopo la debole crescita del 2011, lo scorso anno l’attività economica in Emilia Romagna si è contratta. Il prodotto regionale è diminuito del 2,4 per cento; l’andamento ha risentito della marcata flessione della domanda interna, sia nella componente dei consumi che in quella degli investimenti”.
Partendo dall’economia reale, i dati dell’industria sono quelli maggiormente significativi. “La contrazione della domanda si è riflessa negativamente sull’attività produttiva”. Scendono gli ordini, le prospettive di ripresa sono incerte, si complica l’acceso al credito: l’esito è la diminuzione degli investimenti. In calo il settore delle costruzioni, quello manifatturiero, quello dei servizi, del commercio e dell’attività turistica. Crescono senza sosta le ore autorizzate di Cassa integrazione, sia ordinaria che straordinaria. La disoccupazione ad inizio 2012 è al 7,3 per cento; secondo i dati Istat, per il primo trimestre 2013 si arriva al 9,4 %: “massimi storici”, questo il commento in sala stampa. La disoccupazione per i giovani dai 15 ai 29 anni è al 17,4%, sempre in aumento.
“Il deterioramento del quadro congiunturale si è riflesso nella dinamica dei prestiti bancari alle imprese, diminuiti del 2,6 % rispetto all’anno precedente”. Il calo dei prestiti totali, contando anche quelli alle famiglie è del 1,7%, materialmente 4,7 miliardi in meno. “La flessione, sebbene generalizzata a tutte le categorie di imprenditori, è stata più intensa per le piccole imprese”: 1 miliardo in meno solo per quelle “unità produttive caratterizzate già prima della crisi da una minore redditività e un più elevato indebitamento”. I più deboli periscono e la domanda scende. Ma anche “dal lato dell’offerta le banche hanno inasprito le condizioni di accesso al credito ritoccando verso l’alto i tassi di interesse. L’offerta di finanziamenti continua a essere frenata dall’elevato rischio percepito dagli intermediari”. Le banche sono sempre più selettive nell’erogazione di prestiti, sia a imprese che a privati; sempre in conferenza, si è parlato di una “maggiore prudenza” che porterebbe a preferire le imprese già solide e sane, e ad evitare quelle più rischiose (tra cui molte medie e piccole).
Segue la stessa logica il discorso che riguarda l’indebitamento delle famiglie. “Ci sono maggiori difficoltà, ma fisiologiche e contenute, poiché una parte consistente del ricorso al credito è da parte di famiglie di reddito medio-alto; in ogni caso le banche sono più selettive nell’erogazione, valutando attentamente il rischio”.
La flessione del PIL regionale è di solo qualche decimo di punto. Quindi l’export continua a scendere: dalle due cifre degli anni passati si passa a un +6% nel 2012 e solo ad un +0,6% nel primo trimestre 2013. Il peggioramento del canale estero è stata l’unica sorpresa degli analisti, che vedono proprio nell’internazionalizzazione del mercato l’unica via di miglioramento.
Luca Ferrero