Come le feste, l’albero e il presepe, torna anche quest’anno l’appello dei ricercatori per salvare gli Ogm dalla scure del Ministero dell’Agricoltura. Eppure l’Italia, descritta dai luminari come la casa decandente di una vecchia zia, ne ha definitivamente vietato l’uso in campo aperto. 

Sembra proprio che non ci si riesca a rassegnare al divieto di coltivazione di organismi geneticamente modificati in campo aperto in Italia. O almeno questa è l’impressione davanti all’ennesima polemica scatenata da alcuni illustri ricercatori e professori universitari, a pochi giorni dalla decisione dell’Unione Europea di lasciare mano libera agli stati membri nella decisione sul divieto di coltivazione degli Ogm. 

Gli accademici affermano la necessità di invertire la rotta intrapresa dal governo italiano (e dalla magistratura), che ha imposto il divieto in tutto il territorio nazionale, perchè, in queste condizioni, il loro lavoro di ricerca andrebbe perso. Alcuni degli estensori di questa sorta di appello si sono spinti a descrivere il nostro paese come “la villa di una vecchia zia, che fu gloriosa, ma che ora cade a pezzi”.

Immediata e molto più articolata della semplice metafora appena riportata, la reazione delle associazioni che hanno animato la campagna “Italia libera da Ogm”, prima fra tutte la Coldiretti. Per Stefano Masini, responsabile ambiente della più grande organizzazione di categoria degli agricoltori, in Italia si può fare liberamente ricerca sugli Ogm, ma per evidenti fattori potenziali di contaminazione e sulla scorta del principio di preacauzione, non si può farla in campo aperto. Come dire, per continuare con metafore infelici, che in Italia non è vietato fumare, ma non ci si può accendere una sigaretta mentre si fa benzina in una stazione di servizio. 

Masini vede nel puntuale riproporsi di questa polemica, gli interessi delle aziende multinazionali che molto hanno investito nei brevetti degli Ogm e stanno perdendo fette di mercato, in seguito al divieto di coltivazione di alcuni stati membri. Il responsabile ambiente della Coldiretti sottolinea inoltre quanto marginali e scarsi siano stati i risultati degli Ogm sul mercato, e si chiede perchè, invece, non s’ingaggi la battaglia più importante per l’agricoltura del nostro paese: la lotta contro la contraffazione dell’agroalimentare che sottrae, questa davvero, miliardi di euro al nostro Pil

Nell’attesa del riaccendersi del dibattito, che arriverà puntale, le associazioni che hanno aderito alla campagna per il divieto totale di coltivazione degli ogm si preparano alla sfida futura più difficile: evitare che il trattato transatlantico (TTIP) imponga, attraverso il meccanismo della citazione in giudizio per mancato profitto, l’apertura del nostro paese agli Ogm