Sono entrate in vigore lo scorso 2 febbraio le misure emergenziali che la Generalitat della Catalogna ha dovuto adottare per fronteggiare quella che viene definita la più grave siccità mai registrata nella regione spagnola. Sono almeno 15 mesi che in Catalogna non piove, salvo sporadici e inutili temporali, e le riserve idriche hanno raggiunto la soglia critica del 16%.
«Ci sono altre regioni spagnole che conoscono il problema, come l’Andalusia – spiega ai nostri microfoni Luca Tancredi Barone da Barcellona – ma la Catalogna è al nord, ci sono montagne e laghi, e il problema si sta manifestando a febbraio. Se non piove è imprevedibile quello che potrà succedere a luglio».

La grave siccità in Catalogna: la crisi climatica torna a manifestarsi

Dato il perdurare del problema, in realtà della siccità si parla in modo emergenziale già dall’estate scorsa, ma solo ora sono scattate le restrizioni nei distretti di Barcellona e Girona, dove risiedono sei milioni di abitanti, pari all’80% della popolazione.
Il razionamento dell’acqua riguarda anzitutto settori come l’agricoltura, ma anche attività non essenziali come le piscine. La soglia di consumo giornaliero per gli abitanti, invece, è fissata a 200 litri al giorno (una doccia solitamente consuma circa 90 litri), ma potrebbe ulteriormente scendere qualora l’emergenza persistesse.

Ieri il presidente della regione, Pere Aragones, ha equiparato la siccità alla sfida che il mondo intero ha già affrontato con la pandemia, in una sorta di esortazione all’unità dei catalani. «Però l’acqua c’è o non c’è – sottolinea Barone – e se non piove non arriva comunque un vaccino a risolvere la situazione».
Tra i rimedi provvisori per affrontare la situazione sono state evocate alcune ipotesi, come far arrivare acqua attraverso navi al porto di Barcellona o costruire un desalinizzatore. Per quest’ultimo, però, ci vorrebbero tre anni, mentre il problema è adesso.

Sebbene il decisore politico sembri aver più consapevolezza rispetto al passato della necessità di affrontare la crisi climatica con politiche di mitigazione, di fronte al suo manifestarsi le autorità sembrano agire improvvisando.
«Anche se piovesse e si risolvesse il problema – osserva il giornalista – la siccità potrebbe ripresentarsi in futuro, quindi servono comunque politiche di medio e lungo termine. E anche in Spagna, come in Italia, sembra che ci si sia mossi tardi».

Proprio il problema della siccità è quello che ha attanagliato il bacino del Po in Italia, coinvolgendo diverse regioni per tutto il 2022 e parte del 2023. Anche in questo caso, le precipitazioni si sono fatte attendere per lunghi mesi, mettendo in crisi le attività produttive, agricoltura in primis, lungo tutto il percorso del fiume, ad esempio provocando il problema del cuneo salino alla foce.
Alla siccità, poi, in Emilia-Romagna è seguita l’alluvione, causata da una quantità anomala di precipitazioni che ha fatto tracimare in poche ore una ventina di corsi d’acqua.

Manifestazioni di fenomeni estremi connessi alla crisi climatica che stanno diventando sempre più frequenti, ma per i quali non sembra ci si stia attrezzando adeguatamente.
«Ci si scandalizza se degli attivisti gettano della salsa di pomodoro sul vetro di un quadro – rimarca Barone – però sono vent’anni che delle persone ci ricordano che il mondo sta andando nella direzione sbagliata».

ASCOLTA L’INTERVISTA A LUCA TANCREDI BARONE: