Alle elezioni in Iran della settimana scorsa, indette dopo la morte in un incidente aereo del presidente Ebrahim Raisi, il candidato riformista Massoud Pezeshkian ha raccolto 16.384.403 voti contro i 13.538.179 del suo rivale ultraconservatore Saeed Jalili. Al ballottaggio presidenziale ha partecipato il 49,8% degli aventi diritto.
Non è la prima volta che Massoud Pezeshkian si presenta alle elezioni. Lo aveva fatto nel 2013, ma si era ritirato e ci ha provato nel 2021 ma è stato respinto. Grazie all’ultima consultazione, invece, ha vinto ed è il nuovo presidente iraniano.

Chi è Massoud Pezeshkian, il nuovo presidente dell’Iran

«Si è trattato di un risultato a sorpresa, ma non troppo – commenta ai nostri microfoni Giuseppe Acconcia, docente universitario e giornalista esperto di Iran – I riformisti erano un po’ scomparsi dalla scena politica, ma Pezeshkian ha ottenuto l’appoggio di grandi personalità riformiste ed è un indipendente laico». Medico, 64 anni, Pezeshkian è noto al grande pubblico iraniano perché perse la moglie in un incidente e tirò su i propri figli da solo.
Politico di lungo corso, la proposta politica di Pezeshkian risulta interessante perché prevede una maggiore apertura verso l’Occidente.

I risultati elettorali delle elezioni presidenziali in Iran, però, si configurano più come un voto contrario, in particolare ai conservatori che si sono presentati divisi e sono risultati sconfitti. Gli elettori iraniani si sono compattati contro il rischio che alla presidenza potesse andare una figura «peggio di Ahmadinejad», spiega Acconcia.
Metà dell’elettorato, però, ha disertato le urne e buona parte di questo lo ha fatto per una precisa scelta di boicottaggio. In particolare, i membri del movimento Donna, Vita, Libertà, soprattutto quelli rifugiatisi all’estero, hanno boicottato le elezioni.

Nucleare, diritti delle donne e rapporti con Israele: cosa dobbiamo aspettarci?

Sono tantissime le questioni che il nuovo presidente iraniano si troverà sul tavolo. «Il primo banco di prova sarà il suo insediamento – sottolinea Acconcia – perché Pezeshkian dovrà dialogare».
Sono molti i temi, già affrontati durante la campagna elettorale, su cui le scelte del neo-presidente potrebbero riposizionare l’Iran nello scacchiere della geo-politica internazionale e far sì che assuma una posizione più moderata e aperta.

Tra le prime dichiarazioni dopo aver vinto le elezioni, Pezeshkian ha parlato della questione del nucleare iraniano. «È possibile che si riapra un negoziato – osserva il docente – ma la grossa incognità è chi vincerà le presidenziali negli Stati Uniti. Se dovesse venire rieletto Donald Trump qualsiasi dialogo con l’Iran verrebbe cancellato, dopo che nel 2018 Trump uscì unilateralmente dall’accordo sul nucleare».
Anche a livello regionale sarà interessante osservare le posizioni che assumerà il neo-presidente, visto che nei mesi scorsi con Israele la situazione è stata a un passo dal degenerare, con attacchi reciproci per la prima volta sui rispettivi territori.

Un vecchio cavallo di battaglia dei riformisti iraniani, poi, riguarda la questione del velo, che ha portato alla morte di Mahsa Amini e allo scoppio delle rivolte del movimento Donna, Vita, Libertà. Per i riformisti l’obbligo del velo può venire meno, ma di sicuro troveranno l’opposizione dei pasdaran.
«Poco prima del voto la Corte Suprema, che è la più grande autorità iraniana – racconta Acconcia – ha detto che bisogna ascoltare anche chi ha protestato. Se l’ascolto sarà solo di facciata lo vedremo nei prossimi mesi».

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