Stabilita al 25 settembre la data per elezioni anticipate, la campagna elettorale è cominciata all’insegna delle alchimie per le alleanze con cui presentarsi alle urne. Il rischio è che, dato il poco tempo a disposizione, gli schieramenti si fronteggino invitato gli elettori e le elettrici ad esprimere un voto per impedire agli avversari di andare al potere.
Eppure il programma elettorale, le proposte che le forze politiche sottopongono a cittadine e cittadini per ottenerne il consenso, dovrebbe avere un ruolo centrale che invece sembra aver perso, almeno in Italia. Ecco perché Radio Città Fujiko conta di compensare con alcuni consigli di esperti, società civile e associazioni su diversi temi.

Un programma elettorale popolare: consigli sul lavoro

I primi consigli che offriamo al dibattito pubblico riguardano il tema del lavoro. A fornirceli è l’economista Marta Fana, che indica quelle che a suo avviso sono le priorità da inserire in un programma elettorale.
«Di fronte ad una crisi economica che continua ad acuirsi – osserva Fana – ciò che servirebbe, da un lato, è creare occupazione di qualità, cosa che il settore privato in Italia negli ultimi decenni non ha più fatto». Proprio per questo sarebbe necessario un grande piano di assunzioni pubbliche, dal momento che in Italia la pubblica amministrazione è sottodimensionata di circa un milione di posti di lavoro rispetto alla media europea e l’età media dei dipendenti pubblici è di oltre 55 anni.

«Ci mancano i medici, gli infermieri, gli insegnanti, gli autisti del trasporto pubblico, spesso svenduto in appalti – sottolinea l’economista – Un piano di assunzioni pubbliche servirebbe a colmare quello che è stato il blocco del turnover, ma anche a dotarci di infrastrutture umane degne di un Paese civile, visto che chi lavora nel pubblico crea e distribuisce servizi soprattutto per chi non si può permettere di andarli a pagare sul mercato».

Anche sul mercato privato servirebbero interventi e riforme. Primo fra tutti il salario minimo legale a 10 euro lordi. «Deve essere fatto bene, cioè rispondere all’articolo 36 della Costituzione secondo cui nessun lavoratore deve essere povero», evidenzia Fana, rispondendo così a quanti, Pd e alcuni sindacati confederali in testa, sostiene che sia sufficiente allargare i contratti nazionali, che a volte hanno paghe orarie da 4, 6 o 8 euro lordi.
Un’altra misura deve essere pensata per abbattere e contenere l’esplosione del part-time, o facendoli pagare molto in modo da renderli sfavorevoli o limitarli ad esigenze produttive che abbiano orari ridotti.

Allo stesso modo bisogna intervenire sui contratti di brevissima durata, quelli da uno o due giorni, disincentivandoli e vietandone l’uso in contesti produttivi dove le durate di lavoro hanno bisogno di orari più lunghi.
Un grosso freno alla precarietà, dunque, sarebbe una misura volta all’aumento della qualità del lavoro che dovrebbe trovare spazio all’interno di un programma elettorale.
Così come servono meccanismi per l’indicizzazione dei salari al costo della vita, dal momento che in Italia lavoratrici e lavoratori hanno perso potere d’acquisto negli ultimi decenni.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MARTA FANA: