Ariano Irpino, Biella, Sassari, Teramo: sono le località dove tra venerdì e sabato scorsi, in un arco di 24 ore, si sono suicidate quattro persone detenute. Si tratta solo degli ultimi gesti disperati di una vera e propria strage che, nella prima metà del 2024, ha portato a 44 suicidi, di cui 16 di detenuti in attesa di giudizio. Le persone in carcere si tolgono la vita con con una frequenza di quasi una ogni tre giorni. «Se questo trend dovesse continuare – osserva l’Associazione Antigone – il 2024 potrebbe superare il tragico record del 2022, quando i suicidi in prigione furono 85».

4 in un giorno e 44 in sei mesi: l’emergenza suicidi nelle carceri italiane

La questione dei suicidi in carcere è una vera e propria emergenza nazionale, ma non ha l’attenzione necessaria. «Se in una città di 60.000 abitanti si suicidassero 44 persone in pochi mesi – sottolinea Antigone – l’argomento sarebbe al centro dell’attenzione pubblica e mediatica.
Invece così non è, come non sembra di interesse tutto il tema carcere, non solo per i suicidi.
«Nessuno ormai crede più alla favola che il carcere sia un luogo dove recludere la grande criminalità e in seguito reintegrare quelle persone in società – osserva ai nostri microfoni Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone – Oggi il carcere è il luogo in cui viene reclusa la marginalità, la povertà».

Questi ultimi elementi spiegano, in parte, anche l’emergenza suicidi. Spesso nei penitenziari italiani entrano persone già in grave situazione di marginalità, con problemi di tipo sociale, relazioni interrotte, grande disperazione. L’isolamento del carcere può rappresentare un vero e proprio colpo di grazia su persone che perdono completamente la speranza.
Per questa ragione, Antigone propone alcune misure che possano alleggerire il peso della condizione carceraria. A partire ovviamente dal sovraffollamento, che andrebbe drasticamente ridotto, ma anche con la liberalizzazione delle telefonate, dotando le celle di telefoni laddove non sussistano problemi di sicurezza, per mantenere i contatti con l’esterno. «In questi casi è vero che una telefonata ti può salvare la vita», osserva Marietti.

Tra le altre misure che sarebbero necessarie c’è l’assunzione di nuovo personale per alleviare il carico di lavoro degli operatori penitenziari, la riduzione dell’isolamento, promuovendo l’interazione e la socialità tra i detenuti, e dell’utilizzo di psicofarmaci, la modernizzazione del sistema penitenziario, rendendo la vita in carcere più attiva e ricca di iniziative, senza ostacoli burocratici, l’eliminazione della violenza all’interno delle carceri, garantendo un ambiente sicuro per tutti.
Il governo Meloni, invece, sta andando nella direzione opposta con l’inasprimento delle pene e l’introduzione di nuovi reati che stanno facendo viaggiare il sovraffollamento carcerario a una velocità di 300 detenuti in più al mese.

Su questo tema l’Associazione Antigone lancia un appello al governo: «Invitiamo il governo a ritirare il ddl sicurezza che, invece, va verso una strada che è l’opposto di quanto servirebbe e, soprattutto, con l’introduzione del reato di rivolta penitenziaria, nella quale si punisce con una pena fino a 8 anni anche la resistenza passiva e la protesta non violenta, lascerà alle persone detenute come unico strumento per far emergere le difficoltà e le problematiche il proprio corpo, con un prevedibile aumento di atti di autolesionismo e suicidi».

ASCOLTA L’INTERVISTA A SUSANNA MARIETTI: