Un piano per un golpe in Brasile che avrebbe previsto anche l’avvelenamento del presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Sono le pesantissime accuse all’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro e ad altre 33 persone formulate dal procuratore generale del Brasile, Paulo Gonet, dopo due anni di indagini, nate anche dopo dall’attacco ad alcune sedi istituzionali brasiliane da parte dei sostenitori di Bolsonaro, sulla scia di quanto fatto dai sostenitori di Trump a Capitol Hill.
Le pesantissime accuse a Bolsonaro: un piano per un golpe che prevedeva l’avvelenamento di Lula
In particolare, secondo la Procura l’ex presidente Bolsonaro era a conoscenza del piano, preparato fin dal 2021, e lo avrebbe appoggiato, in particolare nei delicati momenti di transizione che hanno visto il ritorno al potere di Lula.
La ragione per la quale, secondo l’accusa, il piano non si sia trasformato in un vero e proprio golpe, durante il quale era prevista anche l’uccisione del presidente in carica, risiede nel rifiuto da parte dei generali dell’esercito.
A raccontare ai nostri microfoni, dall’America Latina, la vicenda che viene dal Brasile è il giornalista Andrea Cegna.
Dall’ufficializzazione delle accuse ad oggi si sono registrate anche le reazioni dei diretti interessati.
Il presidente Lula, premettendo di non voler commentare un procedimento giudiziario in corso e sottolineando che anche per il suo rivale vale la presunzione di innocenza, ha però aggiunto: «Se saranno giudicati colpevoli, dovranno pagare per l’errore commesso». E ha aggiunto che con lui al potere a Bolsonaro sarà garantito il diritto alla difesa.
Poi però lo stesso Lula ha approcciato la questione da un punto di vista più politico, sostenendo che la campagna lanciata dall’ex presidente per proporre l’amnistia in favore delle persone coinvolte nelle trame golpiste per impedirgli di insediarsi al potere nel 2023 equivale a una confessione di colpa.
Di ben altro tenore le dichiarazioni di Bolsonaro. «Ogni regime autoritario, nella sua sete di potere, ha bisogno di creare nemici interni per giustificare persecuzioni, censura e arresti arbitrari – ha scritto sul social X – Il copione è ben noto: fabbricano accuse vaghe, affermano di essere preoccupati per la democrazia o la sovranità e perseguitano gli oppositori, mettono a tacere le voci dissenzienti. Accade così in Venezuela, dove Chávez e Maduro hanno accusato i membri dell’opposizione di essere golpisti».
Per Cegna, però, la vicenda va collocata all’interno di una tendenza globale, che vede diversi esponenti di un nuovo autoritarismo pensare a ogni modo, inclusa la violenza, per restare o conquistare al potere.
Ciò che è ancora più inquietante, per il giornalista, è che in una fase in cui le democrazie liberali registrano una profonda crisi, molti strati della popolazione sembrano ammaliati dalle sirene dell’autoritarismo e contemplano anche lo smantellamento dello stato di diritto.
«Per non votarsi ai Milei, ai Bolsonaro, ai Trump, alle Le Pen e a tutte le destre post-fasciste del mondo servono nuove idee, grandi progetti e grandi sogni».
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