Sono passati 20 anni da quel 27 marzo quando la storia del nostro paese cambiò completamente. L’ imprenditore vinse le elezioni politiche contro ogni previsione. L’Italia, sconvolta nel suo panorama politico dall’inchiesta Mani Pulite, disse No al PDS di Achille Occhetto.

Quando Silvio Berlusconi pronunciò il famoso discorso della discesa in campo (“L’italia è il paese che amo…”) nessuno avrebbe scommesso che di lì a poco sarebbe diventato Presidente del Consiglio. Legato da solidi legami ai Socialisti sconvolti da Tangentopoli, l’allora Cavaliere, coperto l’obiettivo della telecamera con una calza velata, indirizzò ai cittadini italiani uno dei discorsi più famosi degli ultimi decenni.

Poco prima delle elezioni, si comprese tutta la portata innovativa, (il che non costituisce una valutazione di merito) nel duello-dibattito con il segretario del PDS, Achille Occhetto, di Silvio Berlusconi. In quell’occasione si ebbe la percezione di tutta l’innegabile forza comunicativa di un Berlusconi che parlava direttamente agli elettori, anzi, agli italiani, contrapposto ad un Occhetto che parlava il linguaggio della politica. Da quel duello il segretario Pds, che aveva parlato di “gioiosa macchina da guerra” riferendosi alla sua coalizione, uscì malconcio, quasi quanto dalla Bolognina.

Berlusconi vinse le elezioni a mani basse, con un’inedita coalizione bipartita. Al Sud Forza Italia era alleata del MSI di Gianfranco FIni, al Nord si presentava con la semisconosciuta Lega del senatur Umberto Bossi.

Ma cosa fece di Berlusconi il Presidente del Consiglio? Sicuramente l’impero mediatico, che ne amplificò sino a livelli parossistici i propositi in campagna elettorale, ma non basta. Probabilmente vinse, ed ha continuato a vincere perchè regalò un sogno, come fa notare Davide Vecchi, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, definendolo “imbonitore prestato alla politica per interessi personali”. Berlusconi diede agli italiani uno sogno da condividere, e fornì loro dei personaggi identificabili in questa storia italiana. Se l’ex- Cavaliere era l’eroe della storia, i giudici comunisti erano gli antagonisti e il Comunismo, l’ideologia del male. In una storia raccontata in questo modo, l’eroe, pur padrone di un impero mediatico, è riuscito a far passare, a rendere normale l’idea che tutti i giornali e le televisioni fossero contro di lui. Il risultato è l’attuale delegittimazione, la credibilità distrutta della stampa (pur non esente da colpe anche gravi).

Il risultato finale, senza entrare in un’elencazione di tutte le conseguenze generate negli ultimi vent’anni dal pensiero berlusconiano, potrebbe essere riassunto proprio nella condivisione di questa storia, che ha delegittimato società e istituzioni.