La stima di Coldiretti sui danni provocati dall’aviaria
Coldiretti fa una stima dei danni provocati (fino a questo momento) dai quattro focolai di influenza aviaria in Emilia Romagna, in una situazione già pesante per la contrazione dei consumi alimentari. Ed invita ad evitare le psicosi. L’Italia è il secondo produttore europeo per prodotti avicoli. “I metodi di allevamento non c’entrano”.
I quattro focolai di influenza aviaria che ha colpito gli allevamenti dell’Emilia Romagna hanno provocato danni per oltre 10 milioni di euro. A calcolarlo è Coldiretti, l’associazione di agricoltori ed allevatori, che mette in fila le perdite generate dalla malattia e che, precisa, sono ancora provvisorie.
Al tempo stesso Coldiretti invita ad evitare la psicosi, dal momento che i controlli, rapido intervento dal punto di vista sanitario e le modalità stesse di trasmissione della malattia non generano alcun pericolo per i consumatori di uova e polli, esenti da problemi.
Sempre Coldiretti fa sapere che l’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Francia, con quasi 13 miliardi di uova e 1,2 milioni di tonnellate di carni avicole per un fatturato totale di 5,7 miliardi di euro.
Un settore forte che, proprio a causa dell’aviaria, rischia di entrare in crisi. “Sicuramente la Regione o l’Unione Europea – afferma Carlo Cavallini, vicedirettore bolognese di Coldiretti – dovranno prevedere una qualche di sostegno per le aziende e per l’occupazione che esse creano”. Da questo punto di vista, però, Cavallini è ottimista: “La legislazione in questi casi c’è, si tratta di individuare le risorse”.
Quanto ai dubbi sollevati ieri sulle nostre frequenze dalla consigliera regionale dei Verdi, Gabriella Meo, sulle difficoltà a garantire benessere animale e sicurezza sanitaria in grandi allevamenti intensivi, il vicedirettore di Coldiretti rassicura: “Esistono regolamenti sul benessere animale che vengono applicati e che garantiscono la tutela degli animali, degli allevatori e, ancor prima, dei consumatori dei prodotti avicoli. Semmai l’alta densità di animali in allevamenti intensivi aumenta la velocità di propagazione del virus”.