Oggi siamo più esposti alle questioni politiche che mai. La realtà digitale ci mostra notizie e fatti di casa nostra ma anche notizie e fatti che riguardano mondi lontani, su cui non ci saremmo informati di nostra spontanea volontà. E capita che ci interessino, ci appassionino, indignino e infervorino anche dall’altro lato del mondo.
Si apre così una conversazione collettiva su qualunque tema, non di meno sulla politica, che entra ed esce dalla rete senza mai rimanere uguale a sé stessa. Nel giro di un decennio abbiamo visto cambiare radicalmente le campagne elettorali, il comportamento degli elettori e non solo. Sono nate nuove forme di attivismo. Movimenti, attività che vogliono portare cambiamento. La nuova linfa che i cittadini iniettano del sistema politico.
Non solo hashtag
Le nuove forme di attivismo si organizzano, si fanno conoscere o si tengono interamente sui social. Non è mai stato più facile. La rete rende possibile raggiungere all’istante un pubblico sterminato e con costi vicini allo zero. Per raccogliere una buona base di attivisti non servono organizzazioni e movimenti che facciano da mediatori. Non servono, banalmente, sedi in cui fisicamente organizzare la protesta, perché la protesta in molti casi nasce online e si sviluppa in forma spontanea. È proprio così che alcuni dei più importanti movimenti dell’ultimo decennio, come il Black Lives Matter e il Me Too, hanno visto la propria miccia accendersi online e incendiare gli animi di tutto il mondo nel giro di poche ore. Nel giro di un click.
L’attivismo che riempie le nostre strade passa, ormai sempre, dai social. Anche a Bologna, le sardine dell’adunata in Piazza Maggiore nacquero come una protesta anti-Salvini organizzata con un post su Facebook. E ancora, le proteste anti-passante, che sempre a Bologna coinvolgono periodicamente anche decine di migliaia di persone, si coordinano attraverso i social ma fanno principalmente attivismo sul campo, senza timore di svolgere azioni dirette come sit-in, marce, blocchi stradali, e altre forme di dimostrazione pubblica
L’attivismo online non è solo un mucchio di hashtag e selfie con motti guerriglieri. È un punto di partenza per coinvolgere e informare anche i più disinteressati. Non solo, anche per rivolgersi al “sistema” in maniera più diretta e meno verticale.
Attivismo da debosciati?
Alcune forme di attivismo online sono state definite slacktivism (attivismo lento/da salotto) o clicktivism (attivismo da click), appellativi sfortunati per un fenomeno che è solo una parte della storia. La rete infatti, è spesso solo uno dei luoghi dei movimenti di protesta, che non hanno timore ad occupare le strade e le piazze di tutto il mondo.
L’attivismo digitale è un innesco e non un ostacolo all’impegno politico. Anche chi si limita alla condivisione di un hashtag senza prendersi la briga di infilarsi le scarpe e il cappotto – se mai ce ne sarà più bisogno – e scendere in piazza, sta facendo politica. Si sta informando. Sta partecipando.
I linguaggi sono nuovi e le modalità anche. Si adattano ai tempi e ai costumi di società che sono cambiate alla velocità della luce e che non hanno più nulla da dirsi con la vecchia versione di sé.
Una nuova generazione di attivisti
Giudicatele come volete, ma le forme di attivismo “leggero” non toglieranno animo e forze all’attivismo che occupa le strade, le piazze e i palazzi. La generazione Z sta dando battaglia su tutti i temi più urgenti senza paura di scomodarsi. Senza paura di macchiarsi la fedina penale o di sentirsi chiamare “ragazzini” pigri e nullafacenti.
La giornalista britannica Megan Carnegie inquadra così, nel 2021 l’attivismo della generazione Z, una generazione che “si è già trovata di fronte a sfide immense mentre si fa strada verso l’età adulta: cambiamenti climatici, disuguaglianza e disordini sociali, divisione politica, difficoltà economiche e altro ancora”. Modalità nuove per tempi nuovi: “sebbene siano lontani dalla prima generazione che ha parlato di ingiustizie e altri mali sociali, la tecnologia ha fatto sì che l’attivismo della Gen Z sia diverso dai movimenti del passato, il che significa che anche la loro influenza potrebbe esserlo”.
Serena Convertino