La settimana scorsa, in occasione della terza alluvione che ha colpito la Romagna in sedici mesi, Regione Emilia-Romagna e Governo sono stati impegnati in scambi di accuse sulle responsabilità. Il secondo accusava la prima di non aver speso le risorse stanziate per la messa in sicurezza del territorio e la prima ribatteva che i soldi messi a disposizione non erano sufficienti per le opere necessarie.
Un battibecco sulla pelle dei cittadini e delle cittadine che nuovamente hanno perso tutto ma che, si scopre in questi giorni, evidenziano un concorso di colpe. In altre parole: nessun livello istituzionale può dirsi assolto.

L’alluvione del Lamone: problemi noti e fondi momentaneamente dirottati

Negli ultimi giorni la giornalista di Ravenna Today Chiara Tadini ha acceso i riflettori in particolare sul Lamone, il corso d’acqua romagnolo interessato da fenomeni alluvionali tanto nel maggio 2023 quanto nell’ultimo episodio.
Attraverso le ricostruzioni della giornalista, si apprende che il problema della settimana scorsa, quando il legname trascinato a valle dalla piena del fiume ha fatto da tappo in corrispondenza del ponte ferroviario all’altezza di Boncellino (immagine diventata virale), era stato segnalato da cittadine e cittadini in una petizione, presentata al Comune di Bagnacavallo e da esso girata al commissario Figliuolo, in cui si chiedeva di alzare il ponte proprio per evitare quanto accaduto.

Lo stesso tema era stato segnalato al Governo dalla «deputata ravennate del Pd Ouidad Bakkali, che aveva presentato in Commissione trasporti un’interrogazione al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Un’interrogazione che faceva seguito a un ordine del giorno del consiglio comunale di Bagnacavallo che chiedeva ai parlamentari locali di farsi carico del problema muovendosi direttamente con il Governo», scrive la giornalista.

Non solo. Tadini ha riportato alla luce una delibera della Regione Emilia-Romagna, la 195 del 13 febbraio 2023, che distraeva alcuni fondi destinati proprio ad interventi sul Lamone e li destinava ad un altro progetto a Parma.
«In questa delibera, appena tre mesi prima delle alluvioni di maggio – si legge nella ricostruzione della giornalista – veniva deciso di “dirottare” la maggior parte dei fondi destinati alla messa in sicurezza del fiume Lamone nelle zone di Traversara, Mezzano e Villanova a un altro progetto: un maxi cantiere da 55 milioni per la messa in sicurezza di Parma e del nodo idraulico di Colorno. Se inizialmente al Lamone era stato assegnato un milione e 200mila euro, con questa delibera l’importo veniva ridotto a 266.853,25 euro».

La Regione Emilia-Romagna, però, ha spiegato che quelle risorse sono state solo momentaneamente spostate sul cantiere parmense che rischiava la chiusura per mancanza di liquidità, dovuta all’impennata dei costi dei materiali a seguito del conflitto bellico in Ucraina. Una coperta corta di finanziamenti per diversi territori, insomma, che è incappata nel disastro in Romagna.
Successivamente, però, i fondi per il Lamone sono stati ripristinati, in particolare con la delibera 1725 del 16 ottobre 2023, otto mesi dopo la prima e a cinque mesi dall’alluvione.
«Il progetto ora richiederà 32 mesi la per progettazione dei lavori, l’aggiudicazione degli stessi e, infine, l’esecuzione», scrive ancora Tadini.

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