Per la prima volta in un Paese arabo ieri il Forum ha iniziato i suoi lavori con una marcia con in testa i movimenti di donne della primavera di due anni fa. Così i movimenti sociali coordineranno le loro battaglie in questi giorni nel nome della dignità, parola chiave dell’evento.

La scelta della capitale tunisina era già avvenuta a Dakar, durante la scorsa edizione del 2011. Ma per gli avvenimenti che hanno coinvolto questo Paese negli ultimi mesi questo evento acquista un valore ancora più profondo.

Dopo l’esecuzione di Choukri Belaid e le immolazioni degli attivisti avvenute nelle ultime settimane Tunisi sembra il luogo in cui il processo delle rivoluzioni di due anni fa è arrivato a un punto di svolta. Ancora il lavoro degli attivisti è lungo e ultimemente, nonostante la caduta dei regimi di questi Paesi, la lotta per la democrazia non si concluderà a breve.

Così a Tunisi, così a Il Cairo, dove l’instabilità politica è sempre più evidente soprattutto dopo la scelta del presidente Mohamed Morsi di cambiare il testo della costituzione, concentrando nelle mani del primo ministro diversi poteri istituzionali.

Per questo il valore di Tunisi è ancora più importante: portare in questa città gli attivisti e i movimenti da ogni parte del globo per coordinare le mobilitazioni nel campo della sovranità alimentare, dell’ecologia, del diritto all’abitare e all’autoderminazione dei popoli significa iniziare a ripartire da qui.

Donne e giovani i soggetti protagonisti: la marcia di apertura che ha attraversato la capitale tunisina ieri vedeva in testa la vedova di Belaid, Basma Belaid. Con lei le madri dei tunisini scomparsi durante la primavera e tante donne venute dai Paesi dell‘Africa del Nord impegnate contro le discriminazioni e per l’emancipazione.

Lunghi e complessi saranno i lavori del nuovo grande appuntamento dei movimenti sociali, perché da qui partirà un monito per tutti gli attivisti che oltre a opporsi alle logiche della globalizzazione, oggi si trovano a dire no alla crisi economica, alle soluzioni trovate dalle istituzioni mondiali che sempre più spingono per le differenze sociali e l’abbattimento dei diritti civili.

Ma fino al 30 marzo si tenterà di coordinarsi e creare reti per ricordare che anche durante la crisi un altro mondo è possibile.