Dal vertice in Gran Bretagna, dove la presidente della Commissione europea ha sostenuto la necessità di un riarmo, la sbornia bellica ha subito un’accelerazione. La stessa Ursula von der Leyen aveva annunciato la presentazione di un piano per il 6 marzo, ma ha anticipato i tempi con un punto stampa tenuto questa mattina in cui ha presentato sommariamente le linee di indirizzo proprio sul riarmo. Si tratta di un piano in cinque punti, che ammonta complessivamente a 800 miliardi di euro e ne prevede 150 di prestiti, in deroga a tutti i paletti europei che vigono per la spesa pubblica.
Un piano di riarmo da 800 miliardi coi fondi del welfare: l’Europa si suicida
Non è chiaro se i maggiori sforzi europei per le armi saranno in alternativa ai 730 miliardi che i Paesi europei appartenenti alla Nato hanno speso in armamenti solo nel 2024, ma sembrerebbe proprio di no.
«È chiaro che viviamo in un’era di crisi e l’Europa è pronta ad aumentare massicciamente la sua spesa per la difesa – ha detto von der Leyen – sia per rispondere all’urgenza di agire a breve termine e per sostenere l’Ucraina, sia per affrontare la necessità a lungo termine di assumerci maggiori responsabilità per la nostra sicurezza europea».
Le minori risorse per il welfare che il piano produrrà vanno oltre il principio dei vasi comunicanti per i quali, se si destinano risorse alle armi poi ce ne sono di meno per sanità, scuola e servizi sociali.
Nel piano illustrato da von der Leyen, infatti, gli Stati potranno decidere se utilizzare per la difesa i fondi di coesione, cioè quelle risorse nate per ridurre le disuguaglianze.
«Questo è un problema che dovrebbe allarmare non solo i pacifisti – osserva ai nostri microfoni Francesco Vignarca, portavoce della Rete Italiana Pace e Disarmo – Questo piano va a erodere anche gli strumenti che hanno permesso all’Ue di vedersi come un unico attore».
Vignarca osserva senza mezzi termini che l’Europa «non risolve i nodi politici e mette soldi per l’industria militare. Questa è una grande operazione di speculazione ed è tristissimo che questa cosa si faccia in poco tempo, quando invece in passato si è fatta molta fatica a trovare i soldi, sia a debito che direttamente, per le spese sociali, che sono quelle che riguardano la vita di tutti noi».
In altre parole, quella europea è una risposta senza alcun tipo di visione e strategia, anche fuori dai dettami pacifisti, ma è un istinto pavloviano che va a beneficio dell’industria bellica.
ASCOLTA L’INTERVISTA A FRANCESCO VIGNARCA:
«Quello che vedo è che l’Europa sta armando le braccia senza utilizzare la testa», commenta ai nostri microfoni la giornalista de Il Domani Francesca De Benedetti. Per la giornalista alla presunta emancipazione militare dagli Stati Uniti in Europa non viene accompagnata alcuna «emancipazione politica e strategica a ciò che Trump sta facendo». La dimostrazione, ad esempio, risiede nelle disattese dichiarazioni di Starmer e Macron sullo stop agli armamenti per Kiev o sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina.
Oltretutto, sottolinea De Benedetti, la corsa alle armi avviene proprio nel momento in cui «non abbiamo più l’America alle spalle. Adesso abbiamo un’Europa che va sul campo senza queste garanzie, rischiando di imbarcarsi in una guerra di logoramento che logorerà innanzitutto noi».
Il piano di riarmo, insomma, rischia di trascinarci nel pantano militarmente, politicamente e socialmente. Non solo: «Così rischiamo proprio di fare il gioco di Trump e Putin».
Anche la giornalista sottolinea che l’utilizzo dei fondi di coesione, che sono lo strumento principale di integrazione europea, per la difesa equivale a sabotare la stessa idea di Europa.
«Quando togli alle persone il welfare crei nuove fasce di esclusione sociale, crei rabbia e dai in pasto ai populisti altri voti – sottolinea De Benedetti – Tra l’altro i populisti sono contro i piani di coordinamento europeo».
ASCOLTA L’INTERVISTA A FRANCESCA DE BENEDETTI: