Il 7 gennaio 1978 due giovani del Fronte della Gioventù vennero uccisi da esponenti della sinistra radicale davanti alla sede dell’Msi in via Acca Larentia nel quartiere Tuscolano di Roma e un altro poco più tardi durante gli scontri con le forze dell’ordine. Da allora in quella via il 7 gennaio si celebra un rito che, più che la commemorazione, si è trasformato in una vera e propria parata fascista con saluti romani e altre formule legate al Ventennio.
A nulla sono servite le richieste dell’Anpi di vietare il raduno previsto per oggi e le cronache riportano che in mattinata è riapparsa la targa illegale dedicata ad uno dei militanti di estrema destra uccisi.
Nella giornata della commemorazione Il Domani ritorna su un’inchiesta dello scorso luglio che aveva rivelato i rapporti diretti tra le formazioni neofasciste e Fratelli d’Italia, il partito della premier Giorgia Meloni. Legami dimostrabili con il finanziamento per la sede dell’associazione Acca Larentia da parte della Fondazione Alleanza Nazionale del partito al governo.
A confermare la notizia è l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, intervistato dal giornalista del Domani Nello Trocchia.
L’apologia di fascismo ad Acca Larentia
Sono 31 i militanti neofascisti che, a metà dicembre, hanno ricevuto le notifiche delle denunce ricevute per la commemorazione dell’anno scorso. Quella parata fece parlare di sè per un rituale militaresco di matrice fascista messo in atto da centinaia di manifestanti. Oltre al saluto romano, infatti, i nomi delle vittime sono stati ricordati al grido di «presente!».
Ogni anniversario, infatti, si trasforma in un vero e proprio raduno neofascista al quale partecipano camerati da tutta Italia.
Ma Acca Larentia non è solo uno dei simboli dell’apologia di fascismo che in Italia continua a perpetrarsi. C’è un ulteriore elemento, molto più pragmatico e meno simbolico, che fa di quel luogo un esempio dei legali della destra istituzionale con organizzazioni neofasciste.
La sede neofascista coi soldi di Fdi: i legami attorno ad Acca Larentia
Alemanno, condannato nell’ambito dell’inchiesta Mondo di Mezzo, è recentemente tornato sulle cronache nazionali per aver violato le disposizioni di sorveglianza connesse alla condanna ai servizi sociali e, per questo, posto agli arresti. Ma non prima di aver spiegato al giornalista la vicenda legata all’ex sede Msi in via Acca Larentia.
In particolare negli anni prima l’Msi si è ritirato dalla sede, che è stata gestita per un periodo da una comunità militante avvicinatasi a CasaPound, poi è stata occupata dall’estrema destra. Successivamente l’Inail ha rilevato lo stabile e l’ha messo all’asta. L’associazione neofascista che organizza il raduno annuale ha potuto acquistare la sede anche grazie a un finanziamento di 30mila euro proprio della fondazione.
Alemanno, consigliere della stessa fondazione, rivela ai giornalisti che Fdi sapeva e aggiunge che lui avrebbe rivendicato la scelta.
«La fondazione è autonoma dal partito – spiega l’ex sindaco nell’intervista – anche se la stragrande maggioranza dei consiglieri è di Fratelli d’Italia, il rapporto è codificato a partire dalla sede e anche dalla gestione degli immobili». E a proposito dei 30mila euro di donazione aggiunge: «Io ero presente quando è stata assunta questa decisione e di certo c’erano esponenti di Fratelli d’Italia, il partito era a conoscenza della scelta, tutti lo sapevano. Per me era una cosa giusta, meglio una memoria problematica che la cancellazione della memoria».
«La presa di distanza della destra istituzionale dalla destra estremista è stata predicata ma non praticata», sintetizza ai nostri microfoni Nello Trocchia. Se a parole Fratelli d’Italia dice di aver rotto con quel passato e quegli ambienti, l’inchiesta del Domani dimostra che dal punto di vista finanziario i rapporti continuano.
Non solo: «Alemanno aggiunge una cosa interessante quando gli abbiamo chiesto perché quella sede non fu interamente comprata dalla fondazione. Dice che non sarebbe stato in grado di gestire il conflitto coi militanti vicini a CasaPound, che non avrebbe potuto cacciarli».
ASCOLTA L’INTERVISTA A NELLO TROCCHIA: