Dopo i prezzi folli per il costo dell’energia seguiti prima alla ripresa post-pandemica e poi all’invasione russa dell’Ucraina, l’instabilità energetica in Europa è ancora alta e lo sarà ancora di più nell’anno appena cominciato. Le cifre e gli allarmi lanciati negli ultimi giorni del 2024 per i possibili rincari sulle bollette di gas ed elettricità parlavano di aumenti fino al 30% e di oltre 200 euro all’anno a famiglia. Al centro della possibile nuova crisi c’è lo stop del transito del gas russo nei gasdotti su suolo ucraino per via della scadenza dell’accordo lo scorso 31 dicembre.

La Commissione europea ha provato a rassicurare i mercati affermando di aver individuato quattro possibili alternative, ma il borsino di Amsterdam non pare scommettere sulla capacità del Vecchio Continente di risolvere in breve tempo la faccenda.
La stretta adottata da Kiev per tagliare i fondi all’industria bellica russa è stata definita da Volodymyr Zelensky come «una delle più significative sconfitte» di Vladimir Putin. Secondo alcuni report la società russa Gazprom negli ultimi anni avrebbe perso fino al 65% dei propri affari con l’Europa. Tuttavia a rimetterci potrebbero essere gli stessi cittadini europei, ostaggi di rincari che hanno già eroso il loro potere d’acquisto in tutta l’Unione.

Il gas russo e l’instabilità europea, che inciderà anche sulla transizione energetica

Quella del transito del gas russo attraverso l’Ucraina era «una delle poche vere e proprie tradizioni energetiche in Europa, che aveva resistito anche al crollo dell’Unione Sovietica», osserva ai nostri microfoni Francesco Sassi, ricercatore in geopolitica dei mercati energetici per il think tank RIE. Da oltre cinquant’anni, infatti, le economie, le politiche industriali, quelle energetiche e anche quelle estere di molti Paesi dell’Ue sono state costruite su quella certezza, sul transito del gas russo attraverso l’Ucraina.
Lo stop a questa tradizione porta con sè necessariamente grande incertezza, specialmente per quei Paesi, tra cui l’Italia, che sono più dipendenti dal gas naturale.

Non solo: la situazione attuale ha di fatto sepellito tutte le parole d’ordine e le priorità stabilite dal Green Deal, frutto del lavoro della prima Commissione guidata da Ursula von der Leyen. Sassi sottolinea che la decarbonizzazione rischia di non essere più una priorità se i Paesi devono occuparsi degli approvvigionamenti di gas naturale per dare certezze alle proprie economie e ai propri cittadini.
In questo modo, la crisi del gas russo rischia di influire anche sulla stessa transizione energetica che, complice la nuova maggioranza che sostiene la Commissione europea, non solo potrebbe subire battute d’arresto, ma anche anche passi indietro.

ASCOLTA L’INTERVISTA A FRANCESCO SASSI: