Nelle ultime settimane la Tunisia ha affrontato una nuova ondata di proteste, sfociate nella giornata del 26 gennaio quando, durante il voto di fiducia al nuovo governo, centinaia manifestanti hanno protestato con la forte richiesta di lavoro e di migliori condizioni di vita.
Le proteste sono iniziate il 14 gennaio durante la notte, in occasione del decennale dalla Rivoluzione dei Gelsomini, coinvolgendo la città di Tunisi e successivamente tutte le principali città dalla costa all’entroterra. Una peculiarità delle mobilitazioni è la partecipazione di minorenni.

Tunisia, le nuove proteste per la crisi economica

La risposta governativa alle manifestazioni è stata di tipo repressivo. Sono 1200 le persone arrestate. «Molte persone sono state arrestate di giorno, non durante le manifestazioni – racconta da Tunisi Matteo Garavoglia del Centro di Giornalismo permanente e corrispondente del Manifesto – spesso senza il rispetto delle garanzie legali e con l’utilizzo di procedure processuali molto veloci», con la conseguente denuncia da parte di associazioni che si occupano di diritti umani.
Dopo alcune giornate di apparente calma, il 23 gennaio sono riprese le mobilitazioni, che si sono concentrate nella capitale tunisina e lungo le strade principali della città.

Il 26 gennaio, inoltre, il Parlamento ha approvato la nuova composizione di governo di coalizione islamico-liberale e posto la fiducia sul premier tunisino Hichem Mechichi, con la successiva nomina di 11 ministri di settori importanti come Interno, Ambiente, Giustizia, Sanità e Cultura. Il rimpasto di governo è una conseguenza dell’incapacità di prendere decisioni politiche per gestire la situazione economica del Paese e di non adottare misure di contenimento per la pandemia, ma per Garavoglia, non è una risposta alle richieste dei manifestanti.

Le mobilitazioni hanno raggiunto il picco proprio in questa giornata, quando centinaia di persone hanno marciato chiedendo la liberazione delle persone arrestate e protestando contro la grave crisi economica che sta attraversando la Tunisia. Il Paese infatti, non sembra dare opportunità occupazionali e prospettive di crescita, tanto da spingere moltissimi giovani a lasciare il territorio per la ricerca di maggiori situazioni di stabilità. «Sono 12mila le partenze verso l’Italia registrate nel solo 2020 – osserva il giornalista – di cui 1400 sono minori».

Virginia Carraro

ASCOLTA L’INTERVISTA A MATTEO GARAVOGLIA: