Era il 27 giugno 1980 quando l’aereo Dc9 dell’Itavia fu abbattuto sui cieli di Ustica, provocando la morte di 81 passeggeri che si trovavano a bordo. Nella lunga storia di indagini e processi, la sentenza del giudice Rosario Priore ha posto un punto fermo su quanto accaduto: l‘aereo civile fu abbattuto da un missile sparato per errore durante un episodio di guerra occulta sui cieli italiani.
Ciononostante, 44 anni dopo la destra prova ancora a depistare, distorcere la verità e confondere l’opinione pubblica sulla strage.

I tentativi di depistaggio della destra a 44 anni dalla strage di Ustica

L’operazione di depistaggio avviene su diversi fronti. Da un lato ci sono figure storiche della destra italiana, come Maurizio Gasparri e Carlo Giovanardi, che allo scopo hanno organizzato anche un convegno a Bologna per sostenere una tesi già scartata dalle indagini, quella della bomba e della pista palestinese. Questa fantomatica pista torna ad animarsi, sempre a destra, in diversi fatti delittuosi italiani. Sempre l’estrema destra, infatti, l’agitò anche a proposito della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, ma anche in questo caso venne scartata.
Dall’altro lato la tesi della bomba scoppiata a bordo del Dc9 è stata riproposta all’interno della trasmissione speciale di Massimo Giletti, andata in onda il 25 giugno su Rai 3. A sostenerla il generale Leonardo Tricarico, che all’epoca dei fatti era di stanza nel 3º Reparto Operazioni dello Stato maggiore dell’Aeronautica.

«La tesi della bomba a bordo dell’aereo è comparsa quando tramontò finalmente quella del cedimento strutturale, che all’inizio fu la versione sostenuta dalle autorità», spiega ai nostri microfoni lo storico Luca Alessandrini, che sulla strage ha scritto due libri, “1980: l’anno di Ustica” e “Ustica e gli anni Ottanta”.
Insomma, la tesi della bomba a bordo sarebbe servita per sostituire il depistaggio precedente una volta tramontato, ma ha molti buchi. «Se fosse stata una bomba a tempo – osserva Alessandrini – si dovrebbe spiegare perché non scoppiò all’aeroporto di Bologna, visto che l’aereo partì con due ore di ritardo».

Lo storico ricostruisce come la tesi della bomba fu sostenuta «in maniera piuttosto maldestra durante la grande inchiesta giudiziaria, fu valutata ma fu respinta perché non stava in piedi, aveva delle contraddizioni interne ed era irricevibile».
Nello specifico, i problemi processuali incontrati da questa teoria furono due: non è supportata da dati scientifici e ha dei punti deboli dal punto di vista fattuale.

Alessandrini spiega che quella di Ustica viene definita “strage” e non “disastro” per l’atteggiamento che lo Stato ebbe di fronte alla vicenda, disposto a sacrificare 81 suoi cittadini per non rivelare o pretendere la verità: lo stesso atteggiamento tenuto durante la strategia della tensione, dalla strage di piazza Fontana del 1969 in poi, per la quale sono emerse diverse connivenze di apparati dello stesso Stato con gli stragisti neofascisti.
Tuttavia la strage di Ustica non fu un attentato terroristico, ma un “incidente” nel corso di una battaglia aerea occulta nei cieli italiani.

Lo storico non è preoccupato dal tentativo di Giovanardi, Gasparri e soci nella scrittura della storia della strage, «perché gli storici si basano su documenti». Dal punto di vista dell’opinione pubblica, invece, il tentativo della destra è molto grave e crea molto caos.
«Questo Paese deve una volta per tutte fare i conti col proprio passato e ridare fiducia ai cittadini nelle istituzioni – conclude Alessandrini – e continuando a occultare la verità, a proporre verità di comodo o a confondere le acque non va certo in questa direzione. È successo diverse volte nella storia della repubblica, ma ora abbiamo un governo che è completamente schierato in modo piuttosto protervo per mettere in discussione la verità. Anche perché questo governo viene da una storia e un partito che ha avuto forti collusioni col mondo dello stragismo».

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