Julian Assange è stato liberato. Il giornalista australiano che nel 2010 aveva divulgato, attraverso il sito di Wikileaks, informazioni top secret del governo americano, è atterrato oggi in Australia dopo cinque anni nel carcere di massima sicurezza di Belmash e il patteggiamento con la giustizia statunitense, che precedentemente lo aveva giudicato colpevole di cospirazione.
Sul caso Assange da tredici anni attivisti, giornalisti e artisti di ogni paese si sono prodigati per sostenerne la scarcerazione. Da tutto il pianeta sono stati scritti articoli e libri, anche in Italia. Tra questi la graphic novel di Dario Morgante e Gianluca Costantini, intitolata “Julian Assange WikiLeaks e la sfida per la libertà d’informazione” e recentemente rieditata.

Assange libero dopo pochi giorni dalla ripubblicazione del fumetto “Julian Assange WikiLeaks e la sfida per la libertà d’informazione”.

Un fumetto che racconta la storia di Julian Assange, dall’infanzia, alla sua esperienza come hacker, come giornalista per Wikileaks (piattaforma informativa indipendente) e portavoce di un politico australiano fino alla pubblicazione del video del 2010, che documentava l’uccisione di dodici civili iracheni da parte dell’esercito americano.
«Lo abbiamo scritto per spiegare, in base alle poche informazioni di cui disponevamo nei primi anni dieci del secolo, la vita di Assange, privata e pubblica», ha spiegato Costantini ai nostri microfoni.
Un libro che rivelava una verità difficile da capire nel 2011 quando non era comune parlare di piattaforme informative. «Oggi se ne parla e ci sono altre realtà simili – continua il fumettista – In quegli anni era difficile. Ripubblicarlo oggi vuol dire arrivare alle persone, a più persone».

Un altro motivo per cui non era immediata la comprensione del caso Assange era il stato che «un uomo poco conosciuto, sì il portavoce di un politico, ma un giornalista-hacker, che per vocazione non ama mostrasi, avesse pubblicato rivelazioni top secret dl governo, dell’esercito, statunitense, una delle potenze mondiali. Ci si chiedeva perché lo facesse viste le conseguenze che questo avrebbe comportato. Ma lui era un giornalista e ha fatto quello che deve fare un giornalista: ricevere le informazioni dalle fonti e pubblicarle», osserva Costantini. Le informazioni fecero il giro del mondo.

«Da quel momento in poi divenne un po’ la faccia riconoscibile di quello che succedeva per Wikileaks. Tutti i più grandi quotidiani del mondo si unirono insieme per poter analizzare e pubblicare le informazioni che venivano date dalla piattaforma. Nel 2011, arrivarono le prime accuse da parte del governo, dei governi. Tutte inventate, costruite appositamente per distruggere Wikileaks».
Le prime furono quelle della Gran Bretagna che lo ritenne responsabile di una violenza sessuale in Svezia. Poi archiviata perché si è rivelata montatura per bloccare Assange a Londra in quel periodo».

Tra le altre anche quella degli Stati Uniti che, in seguito alla diffusione delle informazioni riservate, stabilirono l’estradizione e, in accordo con la Gran Bretagna l’arresto, per cospirazione.
La graphic novel si interrompe qui e riprende i fatti degli anni successivi grazie agli scritti che precedono e seguono la narrazione. Dai paratesti emerge che «gli attacchi ad Assange sono rivolti a lui come persona, per intimidirlo. Viene messo in isolamento. «Viveva in una cella tre metri per due senza poter vedere mai nessuno, senza una finestra, senza nulla per cinque anni. In condizioni che violano i diritti umani», come emerge da quanto scritto da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty, nella prefazione al libro.

La storia arriva ai giorni nostri attraverso la postfazione di Sheila Newman «un’hacker e un’attivista australiana negli anni segue i processi e chiede la liberazione di Assange in Australia. È lei che ripercorre le udienze e gli anni di dentenzione londinesi partendo da dove si interrompe il fumetto». E tre giorni fa la dichiarazione di colpevolezza e la liberazione.
Accuse costruite ad arte e continue pressioni quelle contro Assange che sembrano voler essere un avvertimento, «una minaccia per chi, facendo con professionalità il proprio lavoro giornalistico, quello di rendere note notizie socialmente rilevanti, arriva a scontrarsi contro il potere e i potenti». Una cosa che potrebbe verificarsi anche oggi, «anche se, ora molti quotidiani dipendono da quegli stessi potenti e privati quindi sono meno liberi di fare queste inchieste e di pubblicarle. Inoltre molti giornalisti si autocensurano per timore di perdere quello che hanno e il lavoro», ha concluso Costantini.

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIANLUCA COSTANTINI: