Gli attentati di Parigi e i media che insistono sul fatto che nessuno è più al sicuro in Europa rischiano di gettare nel panico i cittadini. L’obiettivo dei terroristi è trascinarci nella psicosi e già si registrano i primi falsi allarmi o episodi di mitomania. Anche in Emilia Romagna, però, c’è uno staff di esperti di psicologia dell’emergenza che può aiutarci. Ecco alcuni consigli pratici.

Le modalità, i luoghi e l’alto numero di vittime dell’attentato di Parigi hanno segnato senza dubbio un cambio di passo del terrorismo dell’Isis. Sui quotidiani e alla televisione, tutti si affrettano a sottolineare come tutti i cittadini europei, ora, sono potenziali vittime di kamikaze che possono farsi esplodere in un qualsiasi luogo pubblico affollato e che le nostre vite, la nostra quotidianità e le nostre libertà non saranno più le stesse. L’innalzamento dei livelli di guardia e delle misure di sicurezza, paradossalmente, possono farci percepire un rischio maggiore.

I primi effetti iniziano a già a manifestarsi, con l’annullamento di partite di calcio per falsi attacchi bomba, allarmi alle stazioni – come è accaduto ieri a Bologna – o casi di mitomania, dove persone minacciano persone di sembianza araba, come è avvenuto qualche giorno fa a Castel San Pietro.
Il rischio che la psicosi collettiva prenda il sopravvento, quindi, è concreto ed è esattamente il risultato sperato dai terroristi, che oltre a minare la nostra sicurezza vogliono gettarci nel terrore costante, inducendoci a modificare i nostri comportamenti.

Per prevenire tutto questo, anche in Emilia Romagna esiste uno staff di specialisti. Psicologi dell’emergenza psico-sociale, che operano attraverso interventi a supporto della popolazione in caso di situazioni di rischio o in caso di traumi seguiti a tragedie.
La Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza dell’Emilia Romagna  (Sipem Er) è già intervenuta, ad esempio, dopo il terremoto nella nostra regione.
“Facciamo incontri di quartiere con la cittadinanza – spiega la presidente Enrica Pedrelli – oppure attività nelle scuole a sostegno delle insegnanti, oltre a collaborare con le Istituzioni e la Protezione Civile”.

L’obiettivo delle attività di Sipem è proprio quello di fornire informazioni ed istruzioni ai cittadini su come affrontare situazioni difficili come quella che stiamo vivendo, alle quali si può e si deve reagire.
“Il rischio di una psicosi collettiva c’è sempre – osserva Pedrelli – specialmente quando, attraverso internet o altri contatti, si manifesta una forte identificazione con le vittime”.

In questo senso giocano un ruolo sia i mezzi di comunicazione, che spesso calcano la mano sul sensazionalimo e a cui invece si chiede maggiore responsabilità, sia i social network, dove molti contenuti e notizie non attendibili possono portare ad un’amplificazione della paura.
Le conseguenze possono essere un aumento dell’ansia, del senso di insicurezza e di paura, della paranoia, fino a fenomeni preoccupanti di intolleranza nei confronti di altre persone, come testimonano già diversi casi di xenofobia ed islamofobia.

Come reagire quindi? “Va ricordato – osserva la presidente di Sipem Er – che la protezione è a carico delle Istituzioni e delle forze dell’ordine. Tutti noi, invece, dobbiamo mantenere la calma, verso se stessi e verso le persone care, anche perché con la lucidità e la calma riusciamo a proteggerci meglio“.
Per l’esperta di psicologia dell’emergenza, è importante capire che la nostra quotidianità è fonte di stabilità e non di ansietà.

Anche la comunità aiuta in queste situazioni, perché favorisce l’apertura necessaria a riprendere tranquillità e sicurezza in un momento di grande provocazione e instabilità emotive.
“Abbiamo avuto modo di verificare – sottolinea Pedrelli – che dopo il terremoto in Emilia la comunità ha permesso alle persone di rassicurarsi a vicenda e superare insieme un momento difficile”.