Parlano di pace, ma giustificano la guerra. E lo fanno anche dai palchi delle commemorazioni delle stragi nazifasciste, dove in poche ore, senza alcuno scrupolo, furono annientate centinaia di persone la cui vita valeva poco.
È da un disagio, come spiega lo stesso autore ai nostri microfoni, che nasce l’idea di “Un’altra memoria” (Edizioni Altreconomia), l’ultimo libro di Lorenzo Guadagnucci, che verrà presentato il prossimo 25 aprile a Pratello R’Esiste.
La memoria delle stragi nazifasciste non può coesistere con il bellicismo
Ancor più nello specifico, Guadagnucci racconta che l’idea del libro è nata dal disagio durante una camminata che tutti gli anni fa tra due luoghi della memoria, Monte Sole e Sant’Anna di Stazzema. «L’estate scorsa, il 12 agosto, a Sant’Anna ci siamo trovati a ricordare i morti della strage di ottant’anni prima avendo nel cuore e nella mente Gaza e il genocidio in corso. Si tratta di qualcosa di inaccettabile che ha a che fare con la memoria delle stragi e io mi sono reso conto che non mi sentivo di fare memoria di quei morti, tra i quali c’era anche una mia nonna virtuale, assistendo in silenzio e complice, in quanto cittadino di un Paese che sostiene sostanzialmente ciò che lo Stato di Israele sta facendo».
È da questa contraddizione che parte un’approfondita riflessione dell’autore sulla memoria, arrivando a scardinarne i presupposti su cui sembra essersi incistata e constatare un fallimento. «Ho parlato esplicitamente di un fallimento dei luoghi della memoria – sottolinea Guadagnucci – perché credo che luoghi come Monte Sole, Sant’Anna e tanti altri dovrebbero essere un argine a queste derive di guerra e disprezzo per la vita umana e di pratiche che dovrebbero essere considerati crimini di guerra, come quelli compiuti ottant’anni fa. Ecco, questo grido non si è levato e credo che ciò sia un problema di cui dobbiamo parlare, che deve essere affrontato».
Nel libro trovano spazio riflessioni sul presente, ad esempio sul tradimento compiuto dal giornalismo alla stessa natura della professione scegliendo di abbandonare il racconto della realtà per allearsi con la propaganda della politica egemone.
Ma c’è anche un’importante osservazione sulla mentalità coloniale che ancora ci caratterizza, per la quale la vita degli altri è sempre meno importante della nostra, fino a sfociare nello sciovinismo che considera “guerra giusta” quella compiuta da noi a dispetto da quelle intraprese da nostri avversari.
«Per quello che mi riguarda la memoria delle stragi ha a che fare con un principio cardine – sottolinea Guadagnucci – cioè l’idea che tutte le vite contino. La rottura che c’è stata nel dopoguerra, con la dichiarazione dei diritti umani e le costituzioni, è stato proprio l’affermazione del principio che tutte le vite contino. Se questo principio noi lo mettiamo da parte, ed è quello che stiamo facendo nelle guerre che si combattono ma anche lasciando morire i migranti ai nostri confini, noi stiamo tradendo quell’insegnamento. Quindi a mio avviso ricordando le stragi ma avvicinandosi al concetto di “guerra giusta” compiamo anche qui un tradimento».
Da questa analisi del presente l’autore arriva poi a formulare una proposta su un’altra memoria possibile e necessaria. «Servirebbe aprire una grande vertenza pubblica sulla memoria e favorire la nascita dal basso di una memoria nuova, allargando sia la partecipazione sia l’orizzonte geografico e temporale, quindi aprendo la memoria a nuovi soggetti (i migranti, i solidali, i movimenti sociali) e a nuovi fatti storici e simbolici recenti», scrive Guadagnucci nel libro.
ASCOLTA L’INTERVISTA A LORENZO GUADAGNUCCI: