Il Comitato regionale No Autonomia Differenziata avvia le pratiche per la presentazione di una legge di iniziativa popolare contro l’autonomia differenziata in Emilia-Romagna: l’obiettivo è far ritirare le pre-intese già siglate nel 2019 tra Bonaccini e il governo. La proposta dell’autonomia differenziata nasce come decentramento amministrativo, al fine di ridurre la burocrazia. In realtà, secondo il comitato, dà alle regioni legislazione esclusiva su materie ed influenzerà aree come scuola, sanità, ambiente e lavoro.

Il Comitato No Autonomia Differenziata punta sulla legge di iniziativa popolare

Da qui in poi, gli uffici regionali hanno dieci giorni per la validazione delle prime firme portate; la proposta andrà poi in Consulta regionale, in cui saranno espressi pareri di ammissibilità. Se dovesse essere data, alla fine di luglio il comitato avrà tre mesi di tempo per partire con la raccolta firme, e poi da allora centottanta giorni di tempo per raccogliere cinquemila firme.

«È un periodo molto brutto per la partecipazione, perché si tende alla poca trasparenza e a impedirla il più possibile. Noi siamo molto preoccupati, speriamo che la consulta non ci faccia dei tiri mancini», valuta Antonio Madera, coordinatore del comitato regionale. Secondo Madera, manca soprattutto l’informazione: infatti, per quanto «farlocchi» possano essere stati i referendum sul tema in Lombardia e in Veneto, le persone sono state informate; «qui in Emilia-Romagna, invece, niente. E hai voglia a dire ‘Gli emiliano-romagnoli vogliono l’autonomia differenziata perché nessuno protesta’: nessuno protesta perché nessuno sa niente».

Tema centrale nel dibattito è il ddl Calderoli – ddl che, in linea con i precedenti dei governi Gentiloni e Draghi, mantiene valide le intese siglate nella legislatura precedente con Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Dal punto di vista politico, aggiunge il coordinatore, Bonaccini deve quindi «farsene una ragione», e fare i conti con il fatto che non può affermare di essere contrario al ddl pur essendo favorevole all’autonomia regionale.

Aggiunge l’ex magistrata Maria Longo che la risoluzione contro l’autonomia differenziata è già stata fatta saltare in passato, in quanto Bonaccini riteneva che il clima politico fosse “cambiato” e non sussistessero più le motivazioni presentate dal comitato. «Ma non era vero: il clima non era cambiato per niente sotto il governo Draghi», spiega Longo. «Mentre allora Bonaccini non contestava il ddl Gelmini, adesso ha motivo di contestare il ddl Calderoli perché adesso il clima politico è cambiato. Il suo puntare prima alla segreteria e poi alla presidenza del Partito Democratico gli ha fatto fare i conti con la realtà, e cioè che non tutto il Pd è favorevole all’autonomia differenziata, e che non è un’autonomia poi così generosa e differente dalle altre due regioni».

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Chiara Scipiotti