A sette anni dalla deposizione di Ben Alì, le disuguaglianze in Tunisia sono aumentate, le politiche economiche non sono cambiate e i rincari di generi di consumo hanno provocato le proteste spontanee di questi giorni. Il governo reprime e i media ridicolizzano e criminalizzano. Un morto e 206 arrestati. La corrispondenza di Debora Delpistoia di Osservatorio Iraq.
206 arrestati, decine di feriti e un morto in circostanze da chiarire. È questo il bilancio delle proteste registrate negli ultimi giorni in Tunisia. A scendere in piazza sono stati cittadini dei quartieri popolari di Tunisi e di zone dell’entroterra, dove la povertà e le disuguaglianze si fanno più sentire.
Una protesta spontanea, seguita all’entrata in vigore della Finanziaria 2018, che ha introdotto rincari su generi di consumo come carburanti, telefonia e frutta e verdura.
Dalla Tunisia Debora Delpistoia di Osservatorio Iraq racconta la situazione ai nostri microfoni: “Dalla caduta di Ben Alì, il cui settimo anniversario ricorre domenica, le politiche economiche dei governi che si sono succeduti non sono cambiate, le disuguaglianze sono aumentate e i rincari colpiscono le fasce più poveri della popolazione“.
A peggiorare la già difficile condizione economica è la svalutazione del dinaro, che negli ultimi due anni si è deprezzato quasi del 400% rispetto all’euro.
Lo scoppio delle proteste, dunque, era prevedibile e non sorprende nemmeno se, nel corso delle manifestazioni, siano stati presi d’assalto alcuni negozi.
Diverso, invece, quanto accaduto alla sinagoga di Djerba, dove sono state rinvenute due molotov. Proprio come accadde alla scuola Diaz durante il G8 di Genova 2001, infatti, il rinvenimento delle molotov potrebbe rientrare in un tentativo di criminalizzare i manifestanti, come stanno facendo media e politica.
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