C’è il dialogo alla base del nuovo grapich novel di Rita Petruccioli, “Ti chiamo domani”, edito da Bao Publishing. Il dialogo con sé stessi nell’atto della scrittura; il dialogo dei due protagonisti principali, Chiara e Daniele; il dialogo come cura e come forma privilegiata di conoscenza di una persona. “Ti chiamo domani” è il primo libro in cui Petruccioli è assieme autrice e disegnatrice, un viaggio – quello della scrittura e del disegno – che coincide in parte con quello di riscoperta e formazione che affronta la protagonista. “Io come Chiara ho fatto l’Erasmus a Tolosa e diversi viaggi in camion” – ci ha raccontato l’autrice – Ho rivissuto questo viaggio con un senso di amarcord e con la tensione che c’è in fase creativa di gestire i propri sentimenti pensando a ciò che arriva al lettore. In Chiara, invece, escono in continuazione i sentimenti, non è controllata ”. Un racconto quindi in parte autobiografico, ma non del tutto: “Avevo voglia di parlare di un certo tipo di storia di formazione e crescita, e ho capito che per farlo potevo attingere a mie vicende personali”.

Si parla spesso di “donne che viaggiano da sole” come forma di emancipazione femminile. Per l’autrice, il viaggio in solitaria è “una prova con te stessa che hai bisogno di superare, anche per imparare non solo a fidarti del mondo, quanto a fidarti di te stessa. Si parla sempre del fatto che gli altri ti possono fare del male, mentre il focus dovrebbe essere su se stessi e su quali strumenti dobbiamo avere per poterci gestire in situazioni autonome e diverse dalle nostre abitudini”.
In “Ti chiamo domani” i colori sono tutti giocati sui toni del giallo e dell’azzurro. La disegnatrice ci ha spiegato che lei sceglie sempre i colori in fase di storyboard. “In questo caso ho utilizzato delle campiture di azzurro e di giallo per segnare le due dimensioni temporali diverse che caratterizzano il fumetto. Quando poi ho iniziato a scegliere i colori definitivi ho deciso di tenere questi due colori e li ho effettivamente trasformati nella palette del libro”.

Nei ringraziamenti l’autrice cita anche Lucha y Siesta, “un centro di accoglienza per donne che stanno uscendo da percorsi di violenza e allo stesso tempo un progetto culturale dove si agisce sulla cultura che genera violenza e si lavoro sull’autodeterminazione” come ci ha detto Petruccioli. “Questo posto mi ha aiutato tanto nel mio percorso sia personale che artistico. Per due anni consecutivi ho curato al suo interno un progetto sui fumetti e gli stereotipi di genere, insieme a ZeroCalcare e Carola Susani, in chi ragazze dai 15 ai 17 anni intervistavano le donne presenti nel centro e poi ne raccontavano la storia in fumetti da loro scritti”. E anche qui ritorna il fondamentale ruolo del dialogo come forma di conoscenza. “Confrontandomi con una persona che ha subito violenza io imparo che quella persona non è soltanto la violenza che ha subito, ma è tutta una situazione complessa di forze, di resistenza, di prevenzione. Questo meccanismo di dialogo è poi lo stesso che c’è nel mio libro, che è un dialogo tra due persone che inizialmente hanno tutta una serie di preconcetti uno sull’altra e poi invece si danno tanto”.

Sara Spimpolo

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