Una delle opere più rappresentate in assoluto ma che ogni volta riesce ad essere coinvolgente e struggente come la prima.

La scenografia è minimale, a tratti austera. Tre atti, tre ambientazioni, immobili come una fotografia: la Chiesa di Sant’Andrea della Valle, Palazzo Farnese, Castel Sant’Angelo. Veniamo dal Parsifal, un tripudio di innovazione, simbologia, movimento, creatività. Lo stacco è violento ma non sgarbato, si ritorna alla tradizione con Tosca per un allestimento creato da Alberto Fassini per il Comunale ripreso e adattato da Gianni Marras.

Staticità e monocolore sono le caratteristiche principali. Inizialmente si rimane perplessi ma poi il significato emerge: saranno le voci e i corpi a dare movimento, colore e luce facendo dimenticare, nota dopo nota, la materia inerte. Lo spettatore entra, mano a mano che l’opera si dipana, dentro un cosmo emotivo che segue i sentimenti dei personaggi e che insinua il desiderio che il dramma per una volta non si consumi.

Ainhoa Arteta, Tosca, al suo debutto pucciniano, non delude donando tutta la sua voce e fisicità; in molti passaggi fa vibrare le poltrone del teatro.

Potrebbe sembrare goffo e timido al confronto Stefano Secco, ma in realtà non fa altro che impersonare la figura del ritroso pittore Cavaradossi schivo e restio alle luci della ribalta. Ma nel terzo atto, dopo essersi ‘sporcato’ con le questioni concrete della vita prendendo una chiara e coerente posizione che lo ha portato alla dissidenza, esce tutta la sua umanità, i desideri e sogni infranti e la paura di morire e lasciare ciò che ama di più. Un cambio di passo improvviso che raggiunge la sua apoteosi nella celebre aria “E lucevan le stelle”: potente, struggente e carica di dolore fa spuntare sul viso di chi assiste qualche lacrima.

Non ultimo il baritono/basso Raymond Aceto che nella voce mette tutta l’arroganza, la prepotenza e il sadismo che il personaggio del crudele barone Scarpia richiedono. Il cast è talmente coinvogente da far scordare al pubblico la regola formale dell’applauso solo a fine atto quindi scattano battimani dopo l’esecuzione dei brani solistici virtuosamente eseguiti.

infine da segnalare un altro debutto: quello di Jader Bignamini nell’opera pucciniana alla conduzione dell’Orchestra del Teatro Comunale. Una bacchetta fedelmente rispettosa dell’intento dell’autore ovvero che la musica deve essere al servizio del dramma che si sta consumando.

Tosca rimarrà in scena fino al 2 marzo per dieci date totali che vedranno impegnati ben tre cast, guadagnandosi il record di repliche annuale. Una bella occasione perché se da un lato non si può non vederla una volta nella vita, dall’altro, se non è la prima volta, val la pena ritornarci per riviverne ex novo tutto il pathos e le forti emozioni.

Foto: Rocco Casaluci