La sentenza di appello nel processo “Xenia” che vedeva imputato, tra gli altri, l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano ha smontato praticamente tutte le accuse che avevano portato, in primo grado, a una condanna a 13 anni e 2 mesi, soprattutto per il reato di associazione a delinquere.
Ieri, invece, il tribunale ha assolto tutti gli imputati, Lucano compreso, da tutte le accuse più gravi. Per l’ex sindaco è rimasta una condanna a un anno e sei mesi, con pena sospesa, per abuso d’ufficio e falso in merito ad uno dei documenti presi in esame durante il processo.

Mimmo Lucano scagionato al processo e il modello Riace sopravvive

Nessuno potrà ridare a Lucano il tempo passato agli arresti domiciliari, né quello trascorso fuori da Riace, da cui fu allontanato con un divieto di dimora. Così come sarà eventualmente lunga la strada per ritornare alla guida del Comune, che l’inchiesta ha bruscamente compromesso.
Ora, però, tra i dispositivi della sentenza è contenuta la rimozione dell’interdizione ai pubblici uffici.
Nonostante la gigantesca operazione politica, che ha visto al centro l’ex ministro degli Interni, ora ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, nelle aule giudiziarie è stato dimostrato che Lucano non ha mai operato per interesse personale, che non è mai finito un euro sul proprio conto, ma che ha fatto tutto per creare un modello diverso e solidale.

«È una grande vittoria – commenta ai nostri microfoni Tiziana Barillà, autrice del libro “Mimì capatosta. Mimmo Lucano e il modello Riace” – È stato completamente smontato quello che noi avevamo più volte chiamato processo politico».
Ora, per la giornalista e scrittrice, è tempo di ridare dignità a Mimmo e alle persone di Riace, un paese che negli ultimi cinque anni è stato additato come criminale mentre il suo modello di accoglienza veniva studiato in tutta Europa.

E a proposito del modello Riace, Barillà spiega che è sopravvissuto grazie alla solidarietà. «Non sono più ospitate centinaia di persone, ma decine, grazie ai corridoi umanitari con l’Afghanistan – osserva la giornalista – Invece che coi fondi pubblici, quel modello è rimasto in piedi con le donazioni da tutta Italia e anche dall’estero».
Quella di ieri, quindi, è una sorta di vittoria collettiva e uno smacco per lo stesso Salvini e per chi sostiene che l’immigrazione sia un problema di tipo securitario. «Ci sono case vuote e persone senza casa. Per Salvini 2+2 fa zero, per noi fa 4», conclude Barillà.

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