I Docenti Preoccupati scrivono a rettore ed organi accademici per chiedere di riportare il dialogo in Università dopo le contestazioni a Scienze Politiche. Pur non condividendo i metodi della contestazione, i docenti sottolineano che “criminalizzare il dissenso è sempre una scelta miope e deleteria. Alcuni colleghi compirono atti analoghi, ma veniva considerata dialettica politica”.
Le contestazioni al professor Angelo Panebianco, i presìdi contro la guerra e i tentativi di occupazione di alcune aule, gli spazi per tenere assemblee negati, fino alle manganellate della polizia all’interno dell’Ateneo. È più o meno questa la situazione che si è prodotta a Scienze Politiche a Bologna nelle ultime settimane. Un clima di scontro tra alcuni collettivi studenteschi e l’establishment accademico che presto potrebbe peggiorare.
A breve, infatti, si terrà una seduta del Senato accademico chiamata a stabilire provvedimenti disciplinari nei confronti degli studenti considerati gli agitatori delle proteste.
Per evitare che la tensione salga ulteriormente, i Docenti Preoccupati dell’Unibo hanno scritto a rettore e senatori dell’Alma Mater invitandoli, in sostanza, ad andarci piano.
“L’Università deve restare un luogo di dialogo, anche aspro, e di produzione di saperi critici, naturalmente nel quadro di una pacifica convivenza e di un confronto democratico – scrivono in un comunicato – Ma proprio per rimanere entro l’alveo di questo tratto essenziale della vita accademica, è quanto mai opportuno evitare la politica della individuazione di alcuni capri espiatori, magari addirittura punendoli in modo da pregiudicare gravemente il loro percorso di studi”.
I Docenti Preoccupati invocano invece la “logica inclusiva” e sottolineano che “criminalizzare il dissenso è sempre una scelta miope e deleteria“.
Nel documento, poi, non manca un riferimento a quanti, magari nel 1968 o negli anni ’70, diedero vita a contestazioni analoghe a quelle attuali e ora siedono dall’altra parte della cattedra.
“Auspichiamo che non vengano enfatizzate situazioni in cui sono avvenuti episodi di durata e gravità limitata – si legge nel documento – Non certo più di quanto molti nostri colleghi, che pure ricoprono o hanno ricoperto posizioni di rilievo entro il nostro Ateneo, hanno fatto in tempi in cui atti analoghi a quelli in oggetto sarebbero stati letti come parte di una dialettica politica”.