La riforma costituzionale che ci troveremo a votare a ottobre presenta numerose contraddizioni e vizi costituzionali, a partire dal procedimento stesso con cui è stata approvata. Secondo Claudio De Fiores, docente di Diritto Costituzionale, le ragioni per votare “No” al referendum sono moltissime. Intanto la ministra Boschi insulta i detrattori, Anpi compresa: “Come Casa Pound”.
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A ottobre saremo chiamati a votare al terzo referendum costituzionale della nostra storia repubblicana. Un referendum che è la conseguenza della maggioranza non qualificata (inferiore ai 2/3) con cui è stato approvato il pacchetto di riforme portato avanti dal governo Renzi. La riforma promossa dal leader del Pd è la più ampia che sia mai stata approvata in Parlamento, per un totale di 47 articoli coinvolti.
Le legge Boschi, però, presenta numerose contraddizioni, a partire dal procedimento stesso con cui è stata approvata. Secondo Claudio De Fiores, professore di Diritto Costituzionale, le ragioni per votare “No” al referendum sono moltissime.
Il dibattito sul referendum è nato già politicizzato, perché lo stesso autore della riforma lo ha reso tale. È stato proprio Renzi infatti a porre l’approvazione della riforma come una condizione necessaria per la sopravvivenza del proprio governo e dell’attuale legislatura. “Ma il procedimento di revisione costituzionale – spiega Claudio de Fiores – è stato immaginato per tenere insieme tutte le componenti, o comunque le componenti maggioritarie, del Parlamento, con un rapporto di condivisione tra maggioranza e opposizione. In questo caso il procedimento di revisione costituzionale invece è stato giocato dal governo come un elemento integrante del proprio indirizzo politico. Questo è un elemento di anomalia, perché comprime gli spazi delle minoranze che la costituzione prevede”.
A compromettere la legittimità della riforma, però, non è solo il modo in cui è stata approvata dal Parlamento, ma anche la scarsa legittimazione di cui gode l’attuale legislatura. “Un altro elemento da tenere in considerazione – sottolinea infatti De Fiores – è che con la sentenza n° 1 del 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato la legge elettorale priva di legittimità costituzionale, e tutto ciò si ripercuote sull’attività del Parlamento oggi in carica. Il giudice costituzionale cita due disposizioni costituzionali in particolare. L’articolo 61 e l’articolo 77. Il primo riguarda i poteri in stato di prorogatio, ovvero i poteri delle Camere precedenti ‘finché non siano riunite le nuove Camere’. Poteri che sono carenti, perché il Parlamento non può più esprimere il proprio indirizzo politico. Il secondo riguarda la ‘decretazione d’urgenza’, un istituto che il governo adotta, appunto, in condizioni di straordinaria necessità e urgenza. Ciò significa che il Parlamento può operare, ma provvisoriamente e con poteri molto limitati. Invece proprio questo Parlamento si è arrogato il diritto di procedere a più di un terzo delle norme costituzionali”.
L’arroganza dimostrata da Renzi scrivendo la legge elettorale come se la riforma fosse già stata approvata, emerge anche dall’entità della riforma stessa. L’estensione della riforma infatti è tale da chiamare in causa un potere diverso da quello di cui dispone Renzi, a prescindere dalla legittimità del suo governo. “Il procedimento di revisione costituzionale – specifica infatti De Fiores – è stato pensato per adeguare volta per volta alcune parti del testo costituzionale alle esigenze dei tempi. Invece in questo caso viene usato per modificare più di un terzo della Costituzione. Dal mio punto di vista l’artiolo 138 non supporta una riforma di questa entità. Coinvolgendo un numero spropositato di disposizioni, inevitabilmente entra in campo un altro potere, che non è il potere costituito, ma il potere costituente. Un potere che si impone nei passaggi storici ed impone la ridefinizione di un nuovo ordinamento costituzionale, non una riforma”.
Ma le ragioni per votare no al Referendum, secondo Claudio di Fiores, non sono solo la scarsa legittimità della riforma e la sua eccessiva ampiezza, ma anche i contenuti stessi del pacchetto promosso da Renzi. In particolare, secondo l’esperto di diritto costituzionale, ci sono alcuni nodi che rendono questa riforma profondamente inadeguata:
La riforma del Senato e i metodi di selezione dei futuri senatori
“Da una parte si dice che il Senato dovrà essere espressione del Consiglio regionale – sottolinea infatti De Fiores – e dall’altra che dovrà essere eletto in conformità con il voto popolare. Quindi non si comprende quale dovrà essere la legittimazione politica dei senatori. C’è una contraddizione evidente, che sul piano costituzionale e giuridico non regge. È una questione fondamentale perché le funzioni, nel modo in cui vengono esercitate, dipendono proprio dalla legittimazione politica”.
A pensare che fosse necessario superare il bicameralismo perfetto sono in molti e De Fiores non fa eccezione. Ma sulle ragioni di questa necessita chiarisce che “il problema non riguarda i tempi, perché quando vi è stata una maggioranza politica definita nell’arco di poche settimane sono state approvate anche leggi fondamentali. Esso può incidere più che altro sulla qualità stessa della produzione normativa. Ma il modo in cui si è superato il bicameralismo – ribadisce De Fiores – è un modo quanto mai informe e incoerente, che da una parte accentra i poteri nelle mani dello stato, e dall’altra istituisce un senato che vorrebbe essere territoriale ma che di territoriale ha bene poco. Certamente c’era bisogno di superare il bicameralismo perfetto, ma lo si è fatto nel peggiore dei modi”.
L’incoronazione di un vincitore a ogni costo che schiaccia le minoranze e la rappresentatività
“È indubbio – chiarisce De Fiores – che il premio di maggioranza, anche per il modo in cui è stato congegnato dall’Italicum, pone molti problemi. Non è la prima volta nella storia del nostro paese che viene adottato un sistema elettorale con premio di maggioranza. Però vi era un elemento comune a tutte le altre leggi, che prevedevano che qualora nessuna formazione politica avesse raggiunto una certa soglia di voti, tale da meritare di essere premiata appunto, si adottasse un sistema proporzionale. Questa volta invece è previsto un irrigidimento della logica maggioritaria. Un sistema che andrà a incoronare quello che è il capo del partito, una logica plebiscitaria forte riscontrabile anche nella legge elettorale oltre che nel sistema di riforma della costituzione”.
L’accentramento ulteriore di potere nelle mani del governo
“Il governo – conclude De Fiores – concentra dal punto di vista normativo poteri considerevoli. La riforma prevede il voto a data certa, ciò a dire che il procedimento legislativo sarà sempre più dominato dagli esecutivi, sarà semplificato nei tempi e si dovrà procedere a data certa all’approvazione di un ddl del governo qualora questo sia ritenuto essenziale all’attuazione del programma di governo. Una norma che si espone a degli abusi, e che va a sommarsi (non a sostituirsi come alcuni sostengono) all’istituto del decreto legge, di cui gli esecutivi abusano da anni. Ma c’è anche un altro aspetto rilevante. Tutto questo si combina con un premio che assegna il 55% dei seggi al partito di maggioranza. Ciò significa che anche gli istituti di garanzia verrebbero inghiottiti nelle pratiche di dominio degli esecutivi. Il presidente della Repubblica, una parte della Corte Costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura e il Presidente della Camera sarebbero in qualche modo espressione della volontà del governo.”