Lo sfogo di Muti è arrivato durante la presentazione dei prossimi appuntamenti della sua Muti Italian opera Academy, il progetto rivolto a giovani talentuosi direttori d’orchestra e maestri collaboratori al pianoforte in programma dal 18 al 29 novembre di quest’anno e poi nell’autunno 2025 alla fondazione Prada di Milano.

L’origine della polemica

Il celebre direttore d’orchestra ha espresso il suo pensiero in relazione alla possibile vendita della casa natale di Lorenzo da Ponte, l’abate di Vittorio Veneto (Treviso) e celebre librettista delle opere mozartiane Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte. Per lui questo è una vergogna perchè ritiene che da Ponte debba essere un’artista e scrittore da studiare a scuola, e questa è una prova che noi italiani «Bruciamo i ponti con la cultura italiana».

Lo stato di decadenza della cultura musicale italiana

In Italia infatti, molte orchestre sono state chiuse e intanto vengono aperti nuovi conservatori, così secondo Muti, «La cultura nel nostro Paese sta attraversando un periodo ancora più drammatico, rivolto verso il basso» e «stiamo fabbricando disoccupati». Ha continuato dicendo: «Sono centinaia i ragazzi che vanno allo sbaraglio e potrebbero trovare una occupazione se si insegnasse musica davvero nelle scuole» dalle materne alle superiori «non con il piffero o cantando male Va’, pensiero. Ma insegnando a cantare insieme, avvicinando i bambini al mondo fantastico dei suoni».

L’allarme di Muti è rivolto al presente, ma anche al futuro. Ad oggi, i giovani e chiunque voglia fare carriera musicale mira a farlo attraverso le produzioni elettroniche in console, uno strumento sempre più diffuso e utilizzato anche da principianti. Cantanti, producers e dj oggi, non possono fare a meno di quell’apparecchiatura elettronica o di un programma informatico al computer con cui realizzare melodie di ogni tipo in maniera semplice. Gli strumenti musicali tradizionali, sono sempre più trascurati, anche se rappresentano i capisaldi della musica classica – la madre di tutti gli altri generi europei – e un’opportunità di crescita culturale e mentale per ogni persona. L’Italia oltretutto, «ha un passato che nessun altro Paese al mondo ha» e questo va difeso. Proprio a memoria dell’opera italiana, perché nel mondo sia considerata con lo stesso rispetto di quella di Wagner o Strauss. A questo proposito Muti nel 2015 ha avviato la sua accademia che insegna ai giovani «la grande scuola di direzione d’orchestra italiana che non so se esiste più». E che lui ha imparato da Antonino Votto, che lavorò con Arturo Toscanini che a sua volta conobbe Verdi e sono questi «segreti che non sono nei libri di direzione» che vorrebbe trasmettere.

Lo Stato ascolta le parole di Muti e cerca di intervenire

L’assessore alla Cultura, Antonella Uliana cerca una soluzione: «Stiamo cercando di contattare il maestro, per capire se possa contribuire, anche semplicemente con un’idea, alla creazione di una fondazione culturale nella casa di Da Ponte — aggiunge — Anni fa abbiamo sentito la proprietà proprio per cercare di portare a termine il progetto, ma ci vogliono i finanziatori e non se ne è più fatto nulla. Vittorio Veneto è la città della musica, Da Ponte è un simbolo per noi, che cerchiamo di valorizzare in tutti i modi, con concorsi anche internazionali. Ci rende famosi in tutto il mondo e visto che Muti è così sensibile alla causa, aspettiamo un suo aiuto, dalle critiche a volte nascono confronti positivi»

Sangiuliano: verifiche su possibilità d’acquisto

In attesa di una risposta dal direttore d’orchestra, sulla vicenda interviene il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano: «Il ministero verificherà la possibilità di acquisto della casa di Lorenzo Da Ponte da parte dello Stato. Quella del maestro Riccardo Muti è una voce autorevole, che merita di essere ascoltata. Ho dato immediatamente disposizioni agli uffici del ministero di seguire la vicenda della vendita della casa di Da Ponte a Vittorio Veneto, per accertare se sussistano i presupposti per l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato».

Eleonora Gualandi