È stato firmato oggi un accordo tra la Regione e i sindacati dei medici di Medicina generale sul coinvolgimento dei professionisti nei Centri di assistenza e urgenza (Cau), al fine di alleviare la pressione sui Pronto soccorso. Il coinvolgimento dei medici riguarderà l’organizzazione e la programmazione dell’attività territoriale a livello distrettuale, aziendale e regionale, oltre che la disponibilità a partecipare attivamente al percorso di riorganizzazione dell’emergenza-urgenza.
L’accordo con i medici di base per alleggerire i Pronto Soccorso
Il progetto prevede che le “guardie mediche” (ora Medici di Continuità Assistenziale) operino in futuro in equipe nei Centri di Assistenza Medica per le Urgenze (Cau) su base territoriale: l’obiettivo è agire per assistere i bisogni urgenti di salute di cittadini a bassa complessità, per lo più identificabili di norma come codici bianchi e verdi. Questo tipo di necessità, sottolinea l’assessore alle politiche per la salute Raffaele Donini, rappresenta oggi circa il 70% delle prestazioni che si riversano nei Pronto Soccorso. Verranno dunque attivate strutture territoriali per urgenze a bassa complessità: non ambulatori, bensì centri dotati di apparecchiature e personale sanitario per dare una risposta adeguata alle necessità dei pazienti senza andare a gravare sulla gestione delle emergenze in Pronto soccorso.
L’intesa individua quindi due canali distinti. Il primo riguarda le urgenze a bassa complessità, ovvero casi in cui il paziente può camminare autonomamente o presenta situazioni non gravi; queste urgenze saranno gestite dalle ex guardie mediche e dai medici di famiglia – questi ultimi, in via subordinata e volontaria. In questo caso, il paziente sarà visitato in breve tempo e rimandato dal proprio medico curante o al Pronto soccorso a seconda della riscontrata gravità della situazione.
Il secondo canale riguarda invece le emergenze di complessità media o elevata, che saranno gestite direttamente da 118, Pronto Soccorso e Dea (i Dipartimenti di Emergenza Urgenza e Accettazione presso gli ospedali).
«Questa è la garanzia che il territorio, messo nelle migliori condizioni possibili, possa offrire una presa in carico dei cittadini adeguata», commenta Donini. Quali sono, chiede in aggiunta l’assessore, le alternative possibili a questa riforma? La privatizzazione e l’esternalizzazione («Un modello che non interessa»), oppure la chiusura delle strutture sanitarie adeguate, a causa di un eccessivo affaticamento del poco personale rimasto. «Per non andare verso una privatizzazione abbiamo quindi cercato di investire sulle forze che abbiamo: la medicina territoriale, lo sviluppo tecnologico e la formazione professionale», conclude Donini, reagendo a una situazione che altrimenti sarebbe «ineluttabile, verso il collasso delle strutture».
ASCOLTA LE PAROLE DI RAFFAELE DONINI:
Chiara Scipiotti