Slc Cgil, Spi Cgil e Federconsumatori dell’Emilia-Romagna contestano il “Piano di razionalizzazione” di Poste Italiane. Oltre ad anticipare un’ulteriore privatizzazione, il piano prevede la chiusura di alcuni uffici postali in regione, in particolare nelle aree periferiche e marginali che già scontano l’isolamento, e la riduzione del servizio pubblico.
Di qui la protesta che vede insieme lavoratori e cittadini, che in alcuni territori si stanno organizzando per fare pressioni sulle istituzioni locali affinché persuadano Poste Italiane a fare marcia indietro.
Il “Piano di razionalizzazione” di Poste Italiane: a rimetterci sono le periferie
A partire da dicembre, Poste Italiane darà il via a un controverso “Piano di razionalizzazione” che prevede la chiusura di 14 uffici postali nella regione, la riduzione dei giorni di apertura e la disattivazione del turno pomeridiano in diverse sedi. Una decisione che sta sollevando forti proteste da parte di sindacati, lavoratori e cittadini, preoccupati per le conseguenze di questo taglio sui servizi essenziali, in particolare nelle aree più svantaggiate.
Secondo la Cgil, la riduzione rappresenta un grave rischio per la coesione sociale e l’accessibilità ai servizi, soprattutto per le comunità rurali, montane e per le fasce di popolazione più vulnerabili come anziani e persone fragili. «Non possiamo permetterci di lasciare i cittadini senza servizi e i lavoratori senza tutele», sottolineano i rappresentanti sindacali.
La riduzione del servizio postale appare anche in contraddizione con il progetto “Polis – Case dei Servizi Digitali”, promosso dal Governo nell’ambito del Pnrr. Il progetto mira a rilanciare i territori interni, favorire la coesione sociale ed economica, e superare il divario digitale nei piccoli centri. Tuttavia, come evidenziato dai sindacati, la chiusura degli uffici postali rischia di ottenere l’effetto opposto, aumentando l’isolamento delle comunità già penalizzate e aggravando le difficoltà di accesso ai servizi digitali per chi non dispone di competenze informatiche adeguate.
In un contesto in cui sempre più servizi pubblici e privati richiedono l’utilizzo di strumenti digitali, la riduzione del servizio postale potrebbe marginalizzare ulteriormente gli anziani e le persone meno alfabetizzate digitalmente, ampliando il divario sociale e territoriale.
Eppure Poste Italiane, azienda a controllo pubblico, ha registrato negli ultimi anni un aumento dei profitti. Nonostante ciò sembra intenzionata a ridurre la capillarità del servizio postale. Una scelta inaccettabile per la Cgil. «Coniugare lo sviluppo dell’impresa con la qualità del lavoro e del servizio alla cittadinanza deve essere un compito prioritario per un’azienda ancora pubblica, che tale vogliamo rimanga», sottolinea il sindacato.
Lavoratori, pensionati e cittadini protestano congiuntamente contro quello che definiscono uno «scempio a danno della collettività». In molte comunità locali si stanno organizzando mobilitazioni per chiedere alle istituzioni di fare pressione su Poste Italiane affinché riveda il piano di razionalizzazione e garantisca un servizio postale capillare ed efficiente. «Credo che anche un sindaco di un paese in cui chiudono l’ufficio faccia bene a protestare», osserva ai nostri microfoni Francesco Miceli, coordinatore Poste Italiale di Slc-Cgil.
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