Come siamo arrivati a inseguire i fatti personali dei rappresentanti politici? Quando è giusto e quando è un’inutile, o pericolosa, intromissione nel privato?
Sono buone domande da porsi, appartenenza politica a parte, alla luce della separazione pubblica della Presidente del Consiglio Meloni dal compagno Andrea Giambruno.
Tralasciando i dettagli, questa è solo l’ultima clamorosa vicenda privata andata in pasto alla cronaca politica e alla fame di privato del pubblico. Ci sembra la normalità e forse lo è diventata: la politica si fa anche tra le mura di casa e non solo nei più bei palazzi di Roma. Fatti, personaggi, storie e parole della politica sono diventate grazie ai media realtà familiari, soggetti di curiosità e interesse, argomenti di discussione. Sono oggi fonti di intrattenimento alla pari di altre storie che appartengono al mondo dello spettacolo.
La televisione e non meno i giornali, soprattutto dagli anni 90 in poi, hanno portato le storie personali alla ribalta dell’attenzione pubblica, dove sono rimaste appigliate a un forte interesse e a un certo successo. La cronaca ha così iniziato a seguire l’interesse del pubblico in controtendenza all’interesse pubblico.
Se durante la Prima Repubblica i politici erano un’élite dotata di potere ma non esposta dal punto di vista della vita privata e dell’intimità, oggi i leader politici sono veri e propri personaggi televisivi e mediatici. Il pubblico stesso è abituato ad assimilarli ad attori e personalità dello star system, a considerarli alla stregua di protagonisti di cronaca, costume, gossip, tabloid. Perché di fatto lo sono, ed è per loro centrale esserlo.
Il privato è uno strumento politico
La politica pop, come è definita dagli accademici, passa dai nuovi media e se ne serve per fare campagna elettorale continua. I temi del discorso pubblico vengono volentieri ripresi dai politici, che riallacciano questioni generali al proprio personale vissuto. Lo mettono in mostra come parte della propria immagine pubblica, al servizio della propria immagine pubblica.
Abbiamo visto Matteo Salvini fare una narrazione dei valori propri e del partito attraverso immagini quotidiane, esponendo la figlia e contesti di vita privata al pubblico che lo segue sui social. Come lui, moltissimi altri come Carlo Calenda, che non esita a condividere immagini familiari sui suoi profili.
Questa narrazione quotidiana, rasserenante, di politici-au pair non è più nuova. È un uso strumentale della vita privata, entrato nel linguaggio della politica. Che sia troppo tardi per uscirne?
A quale costo?
Legare a stretto giro vita privata e prospettive politiche è rischioso. Come in una pericolosa ferrata, uno tira su l’altro, ma anche, cade l’uno cade l’altro. Se in questo caso l’umiliante torto pubblicamente subito da Meloni diventa una buona occasione (sapientemente gestita) per generare empatia negli elettori, il gossip sulla vita familiare degli eletti a Palazzo Madama è il segnale di una galoppante personalizzazione della politica e di uno stile che ha molto a che fare con i linguaggi del populismo.
Se la vita privata dei rappresentanti politici è a buon diritto un indice della coerenza personale con le proprie idee e battaglie politiche, non dovrebbe rischiare di annacquare l’interesse politico degli elettori con un fanatismo del privato. Il rischio è di compromettere la solidità delle battaglie e di inquinarle con tentativi di agganciare emotivamente l’elettore. La politica fatta sulla pelle dei politici è meno utile della politica fatta per la pelle degli elettori. Il quotidiano dovrebbe entrare nelle aule dei bei palazzi romani per vie più nobili, per osservare cosa realmente succede, ogni giorno, quando si spengono i riflettori.
Serena Convertino