È un Mario Draghi che sembra come quei bambini che, non avendo l’approvazione degli amichetti, si portano via il pallone impedendo agli altri di giocare quello che ieri, secondo alcuni report giornalistici in modo spazientito, si è alzato ed ha abbandonato l’incontro coi sindacati che, tra le altre cose, affrontava il nodo delle questioni. Al premier non va giù che Cgil, Cisl e Uil non accettino che, seppur con un percorso graduale, l’Italia tornerà al sistema ordinario delle pensioni disegnato dalla legge Fornero.

Precarietà e salari da fame guastano le pensioni di domani

Aldilà delle proposte su Quota 102 e 104, che andrebbero a sostituire Quota 100, il nodo delle pensioni e della loro sostenibilità rimane aperto. E, nella migliore tradizione italiana, il dibattito che si sta sviluppando si rivela conservatore, utilizzando l’incerto diritto alla pensione dei giovani di oggi come argomentazione per ridurre le tutele e le garanzie nei confronti di chi oggi ha oltre quarant’anni di contributi ed è costretto a restare sul lavoro, a volte mettendo a rischio anche la propria incolumità fisica. E fornendo la solita ricetta: l’innalzamento dell’età pensionabile.

A dare una lettura diversa al nodo delle pensioni è l’economista Simone Fana, che sottolinea come «salari da fame oggi sono pensioni da fame domani». In altre parole, «il problema delle basse pensioni è legato alla compressione dei salari di fasce di lavoratori e lavoratrici della vecchia e nuova classe operaia e di pezzi non piccoli di ceto medio dipendente e autonomo, che con il sistema contributivo vedranno il loro assegno dimezzarsi rispetto al magro salario che guadagnano». Una galassia di persone che appartengono prevalentemente alla generazione nata tra gli anni Settanta e Novanta e che continua a sperimentare una condizione di lavoro discontinua e con salari da fame. «Ergo avrà pensioni da fame», sottolinea Fana.

Non è dunque lo scontro generazionale la questione di fondo che riguarda la sostenibilità delle pensioni ma, a causa del meccanismo contribuitivo alla base del sistema, sono proprio la precarietà e i bassi salari a determinare il problema.
Eppure questo aspetto non viene mai evocato né preso in considerazione dai media, troppo impegnati a fomentare e mistificare la questione attraverso la contrapposizione tra genitori e figli, né affrontato dalla politica. «Oggi in Parlamento non c’è alcuna forza politica che rappresenta i lavoratori – afferma Fana – ma l’interesse è quello di rappresentare le imprese».

ASCOLTA L’INTERVISTA A SIMONE FANA: