Si intitola “Operazione Bologna. 1975-1980: l’inarrestabile onda della strategia della tensione” (ed. Castelvecchi) il nuovo libro di Antonella Beccaria e Cinzia Venturoli che tornano ad occuparsi della strage alla stazione di Bologna, di cui il prossimo 2 agosto ricorre il 44° anniversario, ma sopratutto degli anni che l’hanno preceduta. E nel libro si aggiungono tasselli, alcuni dei quali emersi dalle carte dei processi che si stanno svolgendo in questi anni, che arrivano a modificare quanto si è creduto finora, cioè che la cosiddetta strategia della tensione sia terminata a metà degli anni ’70.
La strage alla stazione di Bologna e la strategia della tensione: in un libro la ricostruzione del periodo precedente all’attentato
«Quando abbiamo cominciato a ideare il libro – racconta Beccaria ai nostri microfoni – volevamo smentire che la strategia della tensione fosse finita nel 1974 con la strage di Brescia e dell’Italicus». Nel prendere in considerazione l’arco temporale che va dal 1975 al 1980, le autrici spiegano perché la strage alla stazione Bologna non sia stata un fulmine a ciel sereno, ma fu preceduta da un’attività preparatoria che porta poi all’attentato vero e proprio.
In particolare, la preparazione della strage si articolò su due piani: da un lato, tra la fine del 1978 e nel 1979 i mandanti e finanziatori iniziano a drenare denaro dal Banco Ambrosiano di Roberto Calvi per destinare quelle risorse a persone che avranno un compito funzionale e organizzativo, anche nel preparare il depistaggio mediatico.
Il secondo piano è militare e operativo e coinvolge direttamente le organizzazioni neofasciste. Dai processi Cavallini e Bellini, che si stanno concludendo in questi mesi, mostrano tutti i movimenti compiuti dalle organizzazioni neofasciste, in particolare con una leva di giovani neofascisti che inizia a farsi notare e le tradizionali organizzazioni eversive, come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, che si occupano dell’indottrinamento e della formazione militare dei giovani neofascisti.
Molte delle informazioni che stanno aiutando a chiudere il cerchio per giungere alla piena verità sulla strage alla stazione di Bologna sono emerse proprio dagli ultimi processi, per il cui svolgimento è stato fondamentale il ruolo della Procura di Bologna, che ha avocato a sè un’inchiesta che stava andando verso l’archiviazione, ma prima ancora il lavoro dei consulenti dell’Associazione dei Famigliari delle vittime, che ha lavorato alacremente per mettere in fila i vari tasselli.
Tra questi c’è sicuramente il documento con la scritta “Bologna” trovato addosso a Licio Gelli, capo della P2, al suo momento dell’arresto in Svizzera.
L’obiettivo di quelle stragi, sottolinea Beccaria, era la «trasformazione dell’assetto istituzionale italiano, probabilmente modificandolo verso un premierato forte alla De Gaulle». L’attentato del 2 agosto 1980, in particolare, si configurò proprio come un’operazione militare.
Neofascisti, P2, apparati dello Stato: una rete eversiva i cui collegamenti ora sono più chiari. «Grazie agli ultimi processi noi possiamo raccontare questa storia non più sulla base di deduzioni logiche nell’osservazione del periodo, ma con dati di fatto», sottolinea l’autrice.
A questo punto cosa manca per la composizione totale del puzzle sulla strage alla stazione di Bologna? «Va contestualizzata meglio la situazione politica – conclude Beccaria – Per quanto importante, Gelli era una pedina in tutto questo gioco. Sono stati individuati altri uomini dello Stato che hanno collaborato con lui. Occorre andare a capire quanto la rete delle complicità istituzionali fosse ulteriormente estesa».
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