È uscita nel giorno in cui un lavoratore ha perso la vita a San Lazzaro, probabilmente per un malore favorito dal caldo estremo, l’ordinanza anti-caldo della Regione Emilia-Romagna per proteggere lavoratrici e lavoratori esposti alle alte temperature.
Un provvedimento necessario, che tuttavia per la Cgil non basta perché per fronteggiare questa nuova normalità prodotta dalla crisi climatica servirebbero misure strutturali, non ultimi degli ammortizzatori sociali per quando diventa troppo pericoloso lavorare.

L’ordinanza contro l’ondata di caldo estremo: cosa prevede

L’ordinanza emanata dalla Regione Emilia-Romagna sarà in vigore da domani, mercoledì 2 luglio, resterà in vigore fino al 15 settembre e prevede il divieto di lavoro in condizioni di esposizione prolungata al sole, dalle ore 12.30 alle ore 16, nei settori agricolo e florovivaistico, nei cantieri edili e affini, nonché nei piazzali della logistica destinati in via esclusiva e permanente al deposito merci.
Un importante novità riguarda la tipologia contrattuale: l’ordinanza protegge ogni lavoratrice e lavoratore, senza alcuna differenza di ruoli, inquadramento e applicazione contrattuale. Lo stop scatta nei giorni in cui la mappa pubblicata sul sito web www.worklimate.it indica un livello di rischio ‘Alto’.

La Cgil dell’Emilia-Romagna plaude al provvedimento, ritenuto necessario, ma sottolinea come la crisi climatica richieda interventi strutturali a livello nazionale.
«Siamo di fronte a un cambiamento climatico ormai strutturale – commenta ai nostri microfoni Massimo Bussandri, segretario regionale della Cgil – Bisogna intervenire in modo decisivo per non mettere a rischio la salute e la sicurezza di chi lavora. Servirebbe maggiore attenzione in termini di strumentazione e di mitigazione del calore e, dove gli interventi non siano sufficienti, servirebbe la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali. La logica emergenziale che ancora oggi caratterizza l’ordinanza deve diventare già nei prossimi anni una logica diversa, una logica programmatoria e riorganizzatoria del nostro sistema di lavoro».

ASCOLTA L’INTERVISTA A MASSIMO BUSSANDRI:

Crisi climatica: le ondate di caldo estremo produrranno più vittime

La crisi climatica potrebbe portare a un aumento significativo delle morti dovute al caldo eccessivo in tutta l’Europa, in particolare nell’area mediterranea. Le morti potrebbero aumentare di ben 2,3 milioni entro il 2099 con Roma, Napoli e Milano tra le 10 città europee con il maggior numero di vittime.
Lo indicano le stime della ricerca pubblicata a gennaio scorso sulla rivista Nature Medicine e condotta dalla London School of Hygiene & Tropical Medicine. Per l’Italia vi hanno partecipato l’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’Asl Roma 1 e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).

Tra le 10 città europee nelle quali si stima il più alto numero di vittime dovute alle ondate di caldo estremo, quattro sono italiane: Roma, con quasi 148mila decessi, è al secondo posto dopo Barcellona che potrebbe arrivare alla preoccupante cifra di circa 246mila, seguita da Napoli al terzo posto (oltre 147mila) e da Milano al quinto (poco più di 110mila). Situazione critica anche a Madrid e Valencia, Atene, Marsiglia e Bucarest; chiude la classifica Genova, con più di 36mila morti dovute al caldo.
Ma già oggi la crisi climatica miete vittime. Nel biennio 2022-2023, circa 100mila persone sono morte a causa delle ondate di caldo estremo in 35 Paesi europei. Un bilancio drammatico che mostra come la crisi climatica sia sempre più anche una crisi sanitaria. Per rispondere a questa emergenza, l’Oms Europa ha lanciato la Commissione Pan-Europea su Clima e Salute, un’iniziativa che mira a trasformare le politiche sanitarie per affrontare le minacce ambientali più gravi.