La vittoria della destra alle elezioni politiche è anche, e forse soprattutto, la sconfitta del centrosinistra e delle sue scelte. In particolare le responsabilità vengono attribuite al Partito Democratico, che si è fermato al 19%, e alla decisione del segretario Enrico Letta di rompere l’alleanza con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte.
Quest’ultimo, in particolare, ha recuperato molto del consenso perduto. Il risultato simbolico che suggella questa osservazione è la vittoria in Campania del candidato pentastellato contro lo scissionista Luigi Di Maio, che non entra in Parlamento.
Forte di questa tenuta, nella notte Giuseppe Conte ha risposto ad una domanda di un giornalista su un possibile futuro ritorno dell’alleanza con il Pd. L’ex premier ha ora il coltello dalla parte del manico e ha risposto invitando il Pd a fare opposizione al governo della destra seguendo i temi e le proposte del M5S.
Nel frattempo, sui giornali di oggi si parla apertamente di una resa dei conti in casa dem, con la volontà di qualcuno addirittura di defenestrare Letta. Che ciò avvenga bruscamente o più lentamente, in vista del congresso del partito a novembre, non cambia la sostanza della questione.
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Il Pd a congresso: che direzione prenderà?
«Gli errori che ha fatto il Pd li capiva anche un bambino – osserva ai nostri microfoni il giornalista Paolo Soglia – ma in pochi si sono domandati perché li ha fatti. E non solo da Letta, perché nessuno nel Pd, quando c’è stata la fatwa contro Conte, ha detto nulla».
Per Soglia il tema in discussione al momento, dunque, non è chi prenderà la guida del Pd, ma che cosa sia lo stesso Pd. «Non è più solo una questione di segretario – continua il giornalista – ma di esistenza stessa del partito». In altre parole, non in questa fase non conta tanto chi sarà il pilota, ma che cosa sta guidando.
A proposito di piloti, i nomi che circolano negli ultimi tempi sono diversi. Da un lato il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, dall’altro la sua vice, Elly Schlein. Fino al ministro del Lavoro Andrea Orlando.
Il derby Bonaccini-Schlein, in particolare, potrebbe essere interessante perché, almeno in teoria, hanno due visioni divergenti, se non addirittura antitetiche. «Non dimentichiamoci che Bonaccini e Schlein vanno a braccetto da alcuni anni in Regione», osserva Soglia. Che però insiste sulla consapevolezza della classe dirigente democratica sul problema di fondo: che cosa è o vuole essere oggi il Pd.
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