A due anni dall’elezione di Gustavo Petro, primo presidente di sinistra in Colombia, quali sono i risultati e le aspettative del popolo colombiano?
Un osservatorio interessante è quello degli attivisti dell’area del Putumayo, una regione amazzonica ai confini con l’Ecuador, martoriata da circa cinquant’anni di guerra civile. Nonostante gli accordi siglati nel 2016 tra le Farc-Ep e il governo, la Colombia secondo i dati dell’Indepaz, continua ad essere uno dei paesi più pericolosi per i difensori della terra, tematica molto cara nella regione abitata per la maggior parte da popoli indigeni, afrodiscendenti e contadini.
La regione del Putumayo è infatti un crocevia di interessi, fra cui la massiccia presenza di compagnie petrolifere e del narcotraffico in relazione alla produzione e commercio di coca.

La Colombia ai tempi di Gustavo Petro: il focus sul Putumayo

Ai nostri microfoni Yorly Queta, Christian Chapal e Fatima Muriel Silva, esponenti delle associazioni Tejedoras de vida e Ampii Canke impegnate sul fronte della lotta per la terra, della giustizia per i desaparecidos del conflitto e per l’affermazione dei popoli indigeni nella regione del Putumayo, raccontano che una delle prime necessità riguarda la costruzione di reti di cura e di mutuo aiuto tra le persone che abitano la regione e le entità statali. Spesso, infatti, la lotta al comune nemico del narcotraffico non ha tenuto in conto delle necessità dei popoli ancestrali.

«Le piantagioni illecite ci danneggiano sia perché disboscano intere aree, ma anche per l’enorme contaminazione che esiste per mantenerle visto che si devono usare molti fungicidi chimici», ricorda Yorle Queta. Anche la lotta statale ai narcos passa attraverso modalità che danneggiano gli abitanti della zona. «Con il glifosato ad esempio – osserva Christian Chapal – hanno “affumicato” le colture, danneggiato le montagne, danneggiato l’acqua, danneggiato la salute di noi che abitiamo i territori rurali fomentando il conflitto con nuovi gruppi armati, calpestando i diritti della gente».

La lotta per i diritti sociali e ambientali va quindi di pari passo nella regione del Putumayo, in cui problematiche come l’abbandono scolastico per partecipare alla guerriglia, la mancanza di strumenti di giustizia validi e la povertà impediscono molto spesso alle giovani donne di iniziare un percorso alternativo a quello nelle piantagioni illecite e proprio di questo, si occupa la associazione “Tejedoras de vida” recentemente intervenuta al Festival di Internazionale a Ferrara.
Fatima Silva, insegnante e attivista contro la violenza di genere ci porta l’esempio dell’insegnamento «perché è il motore dello sviluppo per molte delle nostre donne che solo per il fatto di vivere nel Putumayo, hanno iniziato a lavorare nel mercato della cocaina senza concedersi l’opportunità di studiare».

Da qui, quindi, la costruzione di un processo di giustizia per le vittime del conflitto che parta dal basso e che tenga in conto di alcune caratteristiche proprie della regione, come l’esempio del progetto “mediadoras para la paz” (mediatrici per la pace), in cui la ricerca dei colpevoli delle sparizioni passa attraverso una sensibilizzazione alla ricerca della verità nelle comunità de Putumayo.

Rispetto ai progetti di rivendicazione “dal basso” il governo di Petro si mostra essere una speranza, per quanto limitata, di risoluzione e pace nell’area del Putumayo per via dell’attenzione che ha sempre avuto il presidente verso chi rivendica il diritto alla terra. Per questo Muriel Silva scommette «sulle proposte del nostro presidente perché è chiaro che c’è bisogno di un cambiamento che, però, ha i suoi tempi, ma credo che sia questo il cammino da mantenere per arrivare ad una pace totale».
Allo stesso modo Queta e Chapal si ritengono fiduciosi per una futura collaborazione con l’esecutivo di Petro che sta portando avanti azioni di affermazione indigena e sostengono che Petro «dovrà riorganizzare quello che è successo in questo Paese e penso che dobbiamo accompagnarlo per tutto il tempo necessario».

TRADUZIONI E ARTICOLO DI CHIARA GUERRIERI

ASCOLTA L’INTERVISTA A FATIMA MURIEL SILVA:

ASCOLTA L’INTERVISTA A YORLY QUETA: