A primo impatto leggere “modello estrattivista” delle montagne potrebbe lasciar pensare al mero prelievo di materie prime. In realtà è un concetto più ampio, più brutale. Per definizione è l’estrazione di ricchezza dalle montagne, quindi oltre alle materie prime, è sostenere processi noncuranti del proprio impatto ambientale, come la turistificazione e la conseguente costruzione di seggiovie o impianti sciistici. Un modello economico che si basa sull’accumulazione di ricchezza nelle mani di pochi, e la distribuzione dei costi sociali sulle spalle della collettività. È il caso dell’amministrazione regionale dell’Emilia Romagna, che vuole ampliare un impianto sciistico sull’Appennino con un intervento da 8 milioni di euro per costruire un cantiere sul Corno alle Scale. È il caso, uscendo dai confini regionali, delle Alpi Apuane, montagne storicamente sfregiate dall’estrattivismo.

Montagne vittime dell’estrattivismo: la protesta a Carrara

Il collettivo Athamanta, gruppo politico per la tutela delle Apuane, in opposizione a queste dinamiche economiche ha indetto una manifestazione di due giorni, il 16 e 17 dicembre a Carrara.
«L’idea è nata la scorsa primavera. Come Athamanta organizziamo escursioni in cui coinvolgiamo la cittadinanza per far sì che le persone possano interfacciarsi con i propri corpi alla devastazione che l’estrattivismo arreca al territorio», ha spiegato ai nostri microfoni Mattia Giandominici, di Athamanta. È importante sottolineare come durante queste uscite è impossibile non incontrare cantieri o cave: circa un terzo del parco delle Alpi Apuane passa dentro o a meno di cinquanta metri da un bacino estrattivo.

«Ad aprile volevamo passare per il sentiero 31, vicino il Monte Altissimo, ma siamo stati pedinati dalle forze dell’ordine dopo la diffida inviata dalla Henraux, multinazionale francese che opera nel territorio e rivendica, a torto, i terreni su cui scava come propria proprietà – continua Giandominici – Abbiamo comunque proseguito la nostra uscita, nonostante questo sia un segnale abbastanza preoccupante, che risponde ad una dinamica di militarizzazione dei territori. Valida sulle Apuane quanto nel resto d’Italia». Questo avviene perché in seguito alle nuove direttive europee, il blocco occidentale vuole trovare materie prime strategiche in casa propria e non più comprarle da altri soggetti, storicamente dal Sud America, Africa, e Sud-est asiatico, per evitare che le varie crisi internazionali fermino la produzione.
La montagna diventa un asset economico da sfruttare. L’Italia non fa eccezione.

«Abbiamo contattato il Cai, il coordinamento ambientalistico versiliese, e altre associazioni per elaborare una protesta che si opponga a questo modello. In un secondo momento si sono aggiunte anche altre realtà, come per esempio Arci. Così abbiamo deciso per la manifestazione» afferma Mattia. Una protesta collettiva che avrà luogo il 16 e 17 dicembre a Carrara. Collettiva perché Athamanta, oltre a coinvolgere realtà ambientaliste, ribadisce la propria vicinanza agli operai: «Estrattivismo non è lavorare in cava. Abbiamo instaurato con i lavoratori un dialogo per la costruzione di un’alternativa a questo modello» ribadisce Giandominici. Il fine di Athamanta è quello di svincolarsi da una dinamica secondo cui tutela dell’ambiente e lavoro siano contrapposte.

La due giorni sarà strutturata così:

  • Sabato 16 dicembre, dalle 8.30 alle 13, un convegno relativo al tema dell’estrattivismo, in via Verdi 15, in cui interverrà, fra gli altri, anche Antonio Montani, presidente generale del Cai. Poi, alle 14.30 dallo Stadio dei Marmi di Carrara partirà il corteo in direzione Piazza Alberica.
  • Domenica 17 dicembre, sarà una giornata di tavoli tematici, gruppi di lavoro e workshop per immaginare e costruire in maniera concertata un futuro desiderabile per i territori montani.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MATTIA GIANDOMINICI: