radiocitta’fujiko e Librerie.Coop, i libri e gli autori diventano protagonisti in radio, ogni settimana interviste, consigli di lettura e appuntamenti. Questa settimana Stefano Nazzi, Kronaka, Laterza e Stefano Ferrio, La partita, Feltrinelli.

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Pensando ad articoli e servizi di cronaca, la mente va verso tv e giornali che si accapigliano alla ricerca di particolari sanguinolenti. Ma in un mare di carta e servizi video, pochi cercano davvero di capire cosa accade dietro ad un delitto o una violenza. Stefano Nazzi ci prova, nel libro e nei suoi articoli per Gente e ilpost.it,andando a raccontare otto storie che vengono dal Nord Italia, il cuore ricco del paese, spesso insofferente che tuttavia detiene il triste primato del 45% delle violenze commesse in famiglia. “La provincia, quella solida provincia del Nord che ci avevano raccontato non esiste più. In questa immensa area metropolitana ognuno vive sempre più chiuso dietro le sue inferriate, protetto e illuso dal latrare dei cani”.

Parlaci del tuo approccio come giornalista di cronaca, perché pensando alla nera vengono in mente servizi pruriginosi, articoli allusivi, o in questi giorni gli eccessi di News of the world. Come si fa a fare seriamente il tuo lavoro? “Basta raccontare delle storie, senza aggiungere altro perché sono già cariche di dolore, paura, speranza. E cercare di non decontestualizzarla, cioè non dimenticare mai il mondo in cui avvengono. Deve essere presente poi un senso del limite perché non si faccia male a nessuno. E il rispetto per le famiglie, le vittime e tutte le persone coinvolte nelle storie, anche per chi è autore di crimini o è sospettato di esserlo. Quello che mi colpisce è vedere che chi commette questi crimini è una persona normale tre minuti prima e ritorna normale tre minuti dopo. Certo questo non cancella l’atto commesso, ma ci vuole rispetto assoluto verso tutti”.

Vorrei che ci raccontassi il tuo interesse per il Nord, nel libro chiarisci subito il paradosso tra l’esser tra le zone più ricche d’Europa e quel 45% per cento delle violenze in famiglia commesse proprio nel Nord. “Il Nord se fosse stato a sé stante avrebbe tanti record, ma detiene anche quello per le violenze e omicidi in famiglia. Tutto è diventato omologato, una grande unica metropoli con baracconi industriali, rotonde e bar tutti uguali. In questa zona negli ultimi anni si è insinuata la paura di perdere tutto il benessere, tutto quello che si è acquisito. La paura, la noia, l’esclusione portano ogni tanto a far uscire di testa la gente che perde il senso della realtà del limite, della coscienza, di sé stesso. La crisi economica ha portato delle disconnessioni sociali, ma allo stesso modo il benessere può portare malessere, disgregazione sociale. Le cose di per sé non sono collegate. Può capitare però che al Nord le persone abbiano un senso di isolamento, di solitudine. E’ difficile fare un quadro completo, ogni storia è a sé stante. Ad esempio la storia delle ragazzine di Chiavenna che per noia si intentano di far male a qualcuno, o il negoziante di Come che per paura di perdere il negozio arriva ad uccidere”.

Il primo capitolo del libro è dedicato all’omicidio di Garlasco di Chiara Poggi e alla storia processuale e umana di Alberto Stasi, prima descritto dalla stampa e quindi dall’opinione pubblica come l’assassino freddo, dagli occhi di ghiaccio, accusato anche di detenzione materiale pedopornografico, e poi assolto. Tu scrivi “c’è voluto un bravo giudice”. “Io non so se Alberto stasi sia innocente, per ora la giustizia dice di sì. Però una cosa che incontro sempre nel mio lavoro e che mi fa impazzire, imbufalire è la costruzione del colpevole parallela all’aspetto giudiziario. A Garlasco il colpevole c’è stato da subito, poi magari può esserlo o no. Stasi ritenuto colpevole perché non si commuoveva a parlare della ragazza uccisa, colpevole perché troppo distaccato. Questo avviene in Italia regolarmente nelle trasmissioni televisive del pomeriggio e dai giornali che vanno a ruota. Quando dico che c’è voluto un bravo giudice non mi riferisco al verdetto di innocenza o colpevolezza, ma al fatto che ha sgomberato il campo da tutto quello che era preconcetto dicendo vediamo che prove ci sono, e le prove non c’erano. Intono ai casi di cronaca viene allestita una grande fiction, un grande show, in cui bisogna decidere subito colpevole, i buoni, i comprimari e i protagonisti”.

Un discorso simile per il delitto di Perugia, in un post hai scritto gli auguri per il 24 compleanno di Amanda Knox, il quarto passato in cella. “Gli auguri indipendentemente da tutto. Ho conosciuto per lavoro la famiglia, so chi sono, che hanno impegnato la casa, che fanno avanti e indietro da Seattle. Io sono convinto dell’innocenza di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Ora stanno venendo fuori test e altro, ma chi ha seguito il processo sapeva da subito che le accuse non reggevano. Non c’è nulla che indichi la loro presenza sulla scena del delitto, nella casa dove venne assassinata la studentessa inglese. Poi bisogna attenersi alla storia processuale con la condanna in primo grado e l’appello che sta andando diversamente. Poi gli auguri sono semplicemente ad una persona che ha compiuto gli anni in carcere, dove ha passato un sesto della sua vita, se venisse giudicata non colpevole sarebbe bellissimo per lei ma sarebbe un problema per la giustizia italiana”.

Con tutte queste storture dei media, chi deve condurre le indagini o chi deve giudicare riesce ad isolarsi e lavorare serenamente o sente la pressione? “Anche la persona più indipendente e forte del mondo, accende la tv e sene “quello si drogava o simili”. Per forza vengono influenzati. Nel diritto anglosassone i giurati sono isolati, devono contare solo sull’illustrazione delle prove e le repliche della difesa. Se i giurati arrivano carichi di informazioni e giudizi, in qualche modo vengono influenzati. Nei mesi scorsi i giudici del Tribunale di Taranto hanno fatto cacciare le televisioni dalla casa degli Scazzi ad Avetrano, era diventata una cosa insopportabile. Era una specie di fiction parallela che costruiva le sue verità indipendentemente da quello che avveniva”.

Un commento sul caso News of the World. Caso gravissimo di mala informazione. Ma è isolato o queste cose succedono anche in Italia e in altri paesi? “Citiamo Fabrizio Corona? Il caso News of the world è enorme, però in un determinato mondo si va aventi così. non credo che un giornale italiano si metta a spiare, però forme di ricatto, pressione, spionaggio avvengono anche da noi”.

Stefano Ferrio, La partita, Feltrinelli
Dalla via Pal in poi romanzi su gruppi di ragazzi che battagliano abbondano, qui la sfida è un’epica partita di calcio giocata a Vicenza a fine anni ’70. Da una parte ci sono coloro che hanno preso il nome di Inghilterra, sono una squadra idealista e quindi sempre perdente, dall’altra invece gli odiati fighetti del Bar Fantasia. Mentre le formazioni sono in parità, succede l’imprevisto: si perde il pallone. Il capitano inglese propone di proseguire la partita dopo 33 anni: con gli stessi giocatori. Promessa mantenuta con l’immancabile travaso di ricordi e vite diverse: chi è avvocato e chi terrorista, chi politico e chi prete, chi è morto e chi fa il medico. L’intervista di Marco Santandrea a margine della presentazione in Libreria Ambasciatori.