Pochi giorni dopo il 14° anniversario della morte di Federico Aldrovandi, il giovane ferrarese ucciso da quattro agenti di polizia il 25 settembre del 2005, il consigliere comunale Francesco Errani è tornato a parlare di lui nell’aula di Palazzo D’Accursio.
Nel suo intervento di inizio seduta, Errani ha ricordato che più di un anno fa, il 16 luglio del 2018, il Consiglio ha approvato un ordine del giorno per intitolare uno spazio pubblico a Federico. L’intitolazione, però, non è ancora arrivata, nonostante il luogo sia già stato individuato e il Quartiere Porto si sia già espresso in merito.

“L’iniziativa nasce da una collega, Maria Letizia Tega, nel mandato precedente – ricorda ai nostri microfoni Errani – che aveva anche raccolto oltre 650 firme di cittadini del Quartiere Porto”.
Lo stesso Quartiere, attraverso un voto all’unanimità dei consiglieri, più di un anno fa si era espresso in favore dell’intitolazione, individuando anche una possibile struttura che potrebbe essere dedicata a Federico Aldrovandi. Si tratta del centro giovanile del Meloncello, attraversato da molti giovani e, proprio per questo, un luogo adatto, secondo Errani, per conservare la memoria del giovane ferrarese.

I ritardi, secondo il consigliere, potrebbero essere dovuti alla burocrazia. “So che il percorso nell’ufficio toponomastico del Comune è abbasta complesso – osserva Errani – però, dal momento che la decisione è stata presa, c’è la disponibilità del Quartiere e il luogo è stato individuato, credo che ora occorra uno sforzo per arrivare in tempi brevi all’intitolazione”.
Un gesto simbolico, che per Errani è importante per sensibilizzare sugli abusi di potere delle forze dell’ordine e di tutti coloro che approfittano della propria autorità. Ma anche per mettere al riparo la memoria di Federico dalle strumentalizzazioni e dal fango che, in passato, è stato gettato sulla sua figura e sulla sua famiglia.

Nel 2013 proprio il Comune di Bologna conferì la cittadinanza onoraria a Patrizia Moretti, mamma di Federico, che ha condotto una durissima battaglia per avere verità e giustizia per la morte del figlio.
Una battaglia vinta a metà, poiché se è vero che i quattro agenti di polizia furono condannati per omicidio colposo, la richiesta che non tornassero più in servizio è rimasta inascoltata.

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