Lo ha confermato ieri il premier Benjamin Netanyahu: Israele sta preparando l’invasione di terra a Gaza. Dopo ormai tre settimane di bombardamenti sulla Striscia, che hanno provocato, stando ai dati di ieri, 6.546 morti, di cui più di 2300 bambini, e 17.439 feriti, ora Tel Aviv si prepara a entrare via terra, in un’operazione mastodontica e dalle conseguenze tragiche. Eppure nessun leader occidentale, a partire dal presidente americano Joe Biden, sembra voler far desistere il governo israeliano, che appare ormai a piede libero.
A conferma di ciò e della facoltà che Israele si arroga di essere anche al di sopra del diritto internazionale, il duro attacco al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres e la decisione di negare visti di ingresso nel Paese al personale delle Nazioni Unite.

Israele e l’invasione via terra di Gaza: cosa comporta?

«Nei volantini lanciati dal cielo da Israele sulla Striscia di Gaza – racconta ai nostri microfoni Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina ed ex vicepresidente del Parlamento Europeo – c’è scritto che chiunque si farà trovare nel nord di Gaza sarà considerato complice di Hamas».
Morgantini non esita a definire Netanyahu e il suo governo, composto da alcuni coloni, come “criminale”. La stessa definizione che aveva utilizzato Patrick Zaki e che gli è valsa la censura e l’ostracismo.

Ma cosa comporta l’operazione di terra di Israele nella Striscia di Gaza? La presidente di Assopace Palestina non ha dubbi: «Comporta la realizzazione di un piano che in realtà, come detto anche in questi giorni da un think tank vicino a Netanyahu, consiste nell’espellere i palestinesi e cacciarli nel Sinai. Sono alcuni anni che ci sono queste opinioni, soprattutto all’interno di questo ultimo governo. Ovviamente l’Egitto non vorrebbe, ma quell’operazione rappresenta una seconda Nakba. Ma se nel 1948 furono cacciati dalle loro terre 750mila palestinesi, oggi da Gaza potrebbero essere espulsi più di due milioni di persone».

A colpire in questa vicenda è la totale violazione del diritto internazionale, nell’imbarazzo dell’Occidente, che rischia di trasformarsi in un silenzio complice.
«È una punizione collettiva sul popolo palestinese», sottolinea Morgantini, che pure ritiene una violazione del diritto internazionale anche gli attacchi di Hamas che hanno rinfocolato lo scontro.
Ma ciò che l’ex vicepresidente del Parlamento europeo sostiene, citando anche la convinzione di B’Teselem, il Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati, è che in realtà il piano di Israele sia sempre stato quello di deportare lentamente i palestinesi, finora con le nuove colonie e l’occupazione militare.

Il tutto avviene in una sostanziale impunità, che spiega anche l’arroganza della risposta di Israele alle parole del segretario generale dell’Onu Guterres, “colpevole” di aver ricordato che la questione in Medio Oriente non è cominciata il 7 ottobre con gli attacchi di Hamas e che a pesare nel conflitto sono anche i decenni di occupazione israeliana.
«Israele si considera al di sopra del diritto internazionale perché glielo abbiamo sempre concesso – rimarca Morgantini – Ogni volta che blateravamo dicendo “non si fa questo, non si dovrebbe fare quest’altro, Israele mina il processo di pace con la costruzione di nuovi insediamenti”, non è stato fatto nulla per fermare Israele. Non ci sono state sanzioni».

ASCOLTA L’INTERVISTA A LUISA MORGANTINI: