Secondo Mauro Collina, esponente Prc e anima del ’77, piazza Verdi è merce di scambio dal 1984. “Da decenni un balletto di responsabilità e oggi Merola usa la situazione per fare le scarpe alle presidente del Quartiere”. E sul ‘clima da ’77’ sbotta: “Tacciano, non esistono più”.

Scontri di Piazza Verdi: il commento di uno dei ragazzi del 1977

Sembra un tutti contro tutti la questione nata attorno a piazza Verdi. Dopo gli scontri tra Cua e forze dell’ordine dei giorni scorsi, nati in seguito ad un’assemblea considerata rumorosa, dopo il pugno di ferro evocato dal sindaco Virginio Merola, oggi il prefetto Angelo Tranfaglia tira il freno sulla repressione e sottolinea come l’uso della forza debba essere considerata l’extrema ratio in caso di atti violenti, come di certo un’assemblea con un megafono non è. Uno stop al sindaco, quindi, che è costato a Tranfaglia anche un feroce attacco da parte del Pdl, che ne chiede le dimissioni.

Sul tema è intervenuto ai nostri microfoni Mauro Collina, esponente del Prc e anima del ’77, che per prima cosa osserva come la situazione creatasi nella piazza universitaria non sia nuova. “È dal 1984 che piazza Verdi è una merce di scambio – afferma Collina – da quando si volle pulirla da quelli che allora erano i tossicodipendenti, per costruire un grande ghetto”. Non si sorprende, quindi, che continui a tanti anni di distanza “il balletto delle responsabilità”.
Nella partita, l’esponente di Rifondazione apprezza le parole del rettore Ivano Dionigi, che in questa occasione ha invitato al dialogo, la reazione degli studenti e si dice dispiaciuto che a farne le spese siano gli agenti delle forze dell’ordine.

“Non siamo in Cile o in Argentina – osserva Collina – è impensabile che non si possa tenere un’assemblea con un megafono”.
Poi arriva l’attacco diretto al sindaco Virginio Merola, colpevole di utilizzare piazza Verdi “per fare le scarpe alla presidente del Quartiere Milena Naldi”. “I conti se li facciano in altre sedi”, tuona.
Ai comitati dei residenti, inoltre, rivolge un appello: “Hanno ragione a voler dormire e restare tranquilli, ma devono smetterla di stare sul piede di guerra ed accettare che quello spazio venga rivisto”.

Quando gli si ricorda che qualcuno ha evocato un “clima da ’77”, Collina, che ha vissuto da protagonista quegli anni, sbotta. “Magari! Quel partito che ci cacciava con i mezzi corazzati da piazza Verdi dopo l’assassinio di Francesco Lorusso ha perso. Oggi è un partito spappolato che il 1 maggio, per la prima volta nella sua storia, ha chiuso un gazebo ed è scappato da piazza Maggiore. Che tacciano, hanno perso anche un referendum!”.
Poi, per spiegare meglio il suo ragionamento, l’attivista del ’77 spiega: “Il ’77 non era altro che una forma di giusta e legittima ribellione dopo l’assassionio di un ragazzo di 24 anni l’11 marzo”. Prima di quel giorno, racconta il militante, il movimento stava vincendo dentro l’università, attraverso ordini del giorno approvati democraticamente.