Stasera, giovedì 20 febbraio, in sala Officina/Mastroianni, ore 20:00, si terrà la proiezione del film esordio del regista Fabio Mollo. Storia calabra di silenzio, parabola di formazione dai toni di magico realismo, la pellicola ha già riscosso un notevole successo, accolta calorosamente al festival di Toronto, Roma e Berlino. Al termine della serata incontro con l’autore.
Per il suo primo film Fabio Mollo ha scelto di raccontare ciò che conosce meglio e che più gli è nel cuore, la natia Calabria. La protagonista Grazia, diciassettenne, cresciuta nel silenzio opprimente che stritola la città, decide di ribellarsi all’autorità paterna e di cercare la verità sulla morte del fratello Pietro.
“Volevo partire dall’omertà – spiega il regista – e raccontare come non sia solo omertà mafiosa ma un’omerta che va a minare i rapporti intimi nelle casa delle persone. Volevo però raccontare come le nuove generazioni vogliano rompere questo silenzio”.
La speranza e l’ottimismo sono il sottofondo che fa da contrappeso alla drammaticità della storia, di questi silenzi e dialoghi singhiozzati che si fondano maggiormente sugli sguardi e il corpo.
E l’ottimismo e l’intraprendenza caratterizzano il progetto stesso, esordio non solo del regista ma di tutta la troupe, compresa la protagonista Miriam Karlkvist che ha catalizzato una notevole attenzione. “Le difficoltà sono state tante – confessa – oggi come oggi per la nostra generazione realizzare qualcosa è diventato molto difficile. Noi abbiamo girato con pochissimi mezzi, abbiamo messo in piedi un coproduzione con un giovanissimo produttore francese e abbiamo girato in quattro settimane in troupe super-ridotta. E’ uno di quei film fatti veramente con la passione, il sacrificio di un gruppo di lavoro che vuole raccontare una storia”.
E la storia è piaciuta, almeno stando alle critiche favorevoli e alla calorosa accoglienza che gli è stata riservata al festival di Toronto, Roma e Berlino. Più che giustificata la soddisfazione del regista, che quindi guarda al futuro: “Mi piacerebbe continuare a raccontare storie, per me l’importante è che raccontino la nostra realtà, la nostra generazione e che abbiano un messaggio. Mi piacerebbe anche cambiare genere e provare a raccontare queste storie in modi diversi dal drammatico”.
Pietro Gallina