Stasera, giovedì 15 aprile, alle 20.30 sarà presentato sulla pagina Facebook di Camilla – Emporio di comunità, un libro dedicato alla complicata situazione della filiera agro-alimentare italiana.
Si chiama “Braccia rubate dall’agricoltura. Pratiche di sfruttamento del lavoro migrante”, è scritto da Ilaria Ippolito, Mimmo Perrotta, e da Timothy Raeymaekers, ed è edito da Seb27 Edizioni. Il testo consta di dieci capitoli in cui si esaminano studi di caso, condotti da nord a sud da esperti sul campo, dell’influenza della globalizzazione nella filiera e della vulnerabilità socio-generica dei lavoratori, in particolare dei braccianti.
Lo sfruttamento sistemico dei braccianti stranieri alla base del modello agricolo
Il libro si pone come obiettivo quello di denunciare il sistema che c’è dietro alla condizione dei lavoratori del settore agricolo, ma anche dimostrare come taluni elementi non rappresentino degli aspetti marginali, bensì siano strutturali della trasformazione della filiera in quello che è oggi. Come conseguenza, i lavoratori si ritrovano molto spesso emarginati economicamente, discriminati dal punto di vista sociale ed esclusi da quello politico, rendendoli di fatto oggetti allo sfruttamento.
Quello che il lettore realizzerà sfogliando i dieci capitoli di cui si compone il testo è che il filo comune è per l’appunto la realizzazione che il caporalato, denunciato giustamente come fenomeno di illegalità e criminalità, non è altro che la punta dell’iceberg: sotto il livello del mare, infatti, esistono molti altri problemi, che vanno dall’oscuramento delle politiche del lavoro all’effettiva assenza di un discorso intorno alla ripartizione del reddito agricolo – accumulato maggiormente alla logistica e alla grande distribuzione, e meno al produttore – fino alla mancanza di un’effettiva politica attiva per le abitazioni dei braccianti, usata spesso come arma di ritorsione.
A pagare lo scotto di questo problema sono, appunto, i lavoratori stagionali che raccolgono la frutta e la verdura che finiscono sulle nostre tavole. Secondo i dati di Flai Cgil, sono un milione i lavoratori della filiera agro-alimentare e ben trecentomila non hanno la cittadinanza italiana. I braccianti stranieri vengono per lo più dall’Africa, ma anche dall’Est Europa e, tra questi, 108 mila sono in condizione di estrema precarietà.
Ad aggiungere la beffa al danno c’è da considerare che solo trentamila richieste di regolarizzazione sono state effettuate in seguito alla sanatoria voluta dal Ministero dell’Agricoltura presieduto da Teresa Bellanova durante il governo Conte II, a ulteriore prova della complessità del problema vigente nel sistema del lavoro agricolo.
«La forza lavoro di origine straniera e che non ha la cittadinanza italiana è l’elemento fondamentale per la competitività agricola – ci dice Timothy Raeymaekers, co-autore del libro – gli stessi lavoratori migranti sono la categoria più discriminata dal punto di vista economico, sociale e politico». Inoltre, se in Italia la situazione di emarginazione geografica dei ghetti è piuttosto grave, «nel resto d’Europa la situazione non differisce, con diversi Paesi che presentano le stesse dinamiche strutturali all’interno delle filiere».
Oggi, in Italia, tre quarti dei prodotti alimentari vengono dalla grande distribuzione, che non si rifornisce più presso le piccole e medie imprese, ma dalle grandi aziende organizzate in piantagioni dove i fenomeni sopra accennati sono costantemente all’ordine del giorno. “Braccia rubate dall’agricoltura” fornisce uno spaccato della situazione cui sono costretti migliaia di lavoratori, persone che subiscono le conseguenze del problema, nel momento in cui la politica latita nella ricerca di una soluzione alle sue cause.
Luca Meneghini
ASCOLTA L’INTERVISTA A TIMOTHY RAEYMAEKERS: