La diffusione da parte del Tg3 di alcuni video dell’inseguimento a Milano da parte dei carabinieri e dell’incidente che ha portato alla morte del 19enne di origine egiziana Ramy Elgaml riaccendono i riflettori sul caso che già aveva suscitato proteste e polemiche.
In particolare nei filmati è possibile sentire anche le voci dei carabinieri che imprecano perché i due ragazzi a bordo dello scooter, la vittima e l’amico Fares Bouzidi che guidava il motoveicolo, non cadevano dal mezzo. Non è chiaro dalla dinamica che si può osservare nelle riprese se l’auto dei militari abbia speronato lo scooter provocando l’incidente letale. Secondo la testimonianza di Bouzidi il contatto ci fu.

Il video dell’inseguimento e della morte di Ramy Elgaml

I due giovani a bordo dello scooter il 24 novembre scorso non si fermarono a un posto di blocco dei carabinieri. Questi ultimi si gettarono subito all’inseguimento, a velocità folle e pericolosa, per le vie del quartiere Corvetto di Milano.
L’inseguimento terminò quando entrambi i mezzi finirono fuori strada contro un palo e il 19enne Ramy Elgaml perse la vita.
Dei tre agenti indagati, due lo sono perché accusati di falso in atto pubblico, perché avrebbero omesso dal verbale d’arresto l’impatto tra l’auto dei carabinieri e lo scooter, e di depistaggio per aver fatto cancellare il video ripreso da un testimone. Il terzo è accusato di omicidio stradale.

«C’è chi non merita di indossare la divisa». È il commento di Ilaria Cucchi riportato dall’Adnkronos e contenuto in una lettera scritta al comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Salvatore Luongo, dopo la diffusione delle immagini dell’incidente che ha portato alla morte di Ramy.
«Oggi ho visto le terribili immagini trasmesse dal tg che documentano gli ultimi istanti della folle corsa dello scooter da lui condotto verso la morte – scrive Cucchi – Io Le chiedo scusa se mi permetto, ma, come cittadina, Le chiedo la sospensione e conseguente destituzione dei carabinieri che hanno messo negli atti ufficiali una ricostruzione dell’accaduto che mi pare proprio incompatibile con quanto documentato dalle immagini».

«È un video che in pochi secondi e poche parole smonta una versione ufficiale dei carabinieri – commenta ai nostri microfoni Checchino Antonini, giornalista ed esponente di Acad (Associazione contro gli abusi in divisa) – e conferma una tendenza dell’Arma a nutrire e coprire una cultura dell’abuso come metodo sistematico di intervento nelle criticità metropolitane».
Se si considera tutta la retorica scatenata dalla destra in seguito all’episodio, evocando le banlieu e la mancanza di integrazione che nella dinamica dei fatti non ha alcuna rilevanza, si evidenzia come, secondo Antonini, le forze dell’ordine si prestino a fare «il lavoro sporco» all’interno di una guerra ai poveri.

ASCOLTA L’INTERVISTA A CHECCHINO ANTONINI: